Buona la prima. Il centrodestra trova l’intesa su premier e collegi

Dopo quattro ore il primo vertice del centrodestra si chiude con un accordo

Buona la prima. Il primo vertice del centrodestra, a quasi una settimana dalla crisi di governo, si chiude con un accordo su tutta la linea: sulla premiership e sulla ripartizione dei collegi. Smentiti, quindi, i pessimi auspici della vigilia che, grazie anche ad una stampa sempre più attenta ad esaltare le occasioni di divisione all’interno del centrodestra, sembravano non promettere nulla di buono.

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Invece, il comunicato finale parla di un «pieno accordo» e di un lavoro avviato con «l’obiettivo di vincere le prossime elezioni politiche e costruire un governo stabile e coeso, con un programma condiviso e innovativo».

Sono state necessarie quattro ore per chiudere l’intesa tra i rappresentanti del centrodestra: presenti tutti i leader dei tre partiti maggiori Meloni, Salvini e Berlusconi e i centristi (Noi con l’Italia, Udc e Coraggio Italia), ma alla fine, come detto, la fumata è stata bianca.

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Prima di tutto sulla leadership su cui da tempo Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni chiedevano una presa di posizione chiara del centrodestra, e cioè che fosse il partito primo della coalizione ad indicare il premier. Una regola da sempre valida, in particolare nella scorsa tornata elettorale, e che Giorgia Meloni chiedeva di mantenere. Sarà così visto che, come specificato nel comunicato finale, «la coalizione proporrà al presidente della Repubblica quale premier l’esponente indicato da chi avrà preso più voti».

I rumors sulla stampa

Risultato non da poco e forse nemmeno tanto scontato, che nei fatti rappresentava il macigno sulla strada di un’alleanza per le prossime elezioni. Non a caso da giorni erano iniziate a circolare voci che al maggioritario Fratelli d’Italia potesse decidere di presentarsi da sola, imitato poi a sua volta sull’altra sponda elettorale dal Pd. Rumors che avevano trovato asilo anche nella stampa con due editoriali, uno di Giuliano Ferrara su Il Foglio e un altro di Piero Sansonetti su Il Riformista, in cui si faceva riferimento proprio a questa ipotesi.

Come detto però alla fine l’intesa è stata trovata, aprendo così le porta a un’ipotesi di premiership di Giorgia Meloni. E chissà che su questo buon esito non abbia inciso anche la dichiarazione di un portavoce del Dipartimento di Stato Usa che riguardo all’ipotesi di Giorgia Meloni premier ha spiegato: «Stati Uniti e Italia sono stretti alleati con una forte partnership fondata sui valori condivisi della democrazia, dei diritti umani e della prosperità economica. Continueremo a lavorare insieme a stretto contatto su una gamma di importanti priorità, compreso il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa».

Parole che suonano come una smentita alle dichiarazioni di Carlo De Benedetti, che in un’intervista al Corriere della Sera ieri diceva: «So per certo, dalle mie fonti nel Dipartimento di Stato, che l’amministrazione americana considera orripilante la prospettiva che questa destra vada al governo in Italia».

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Se non bastasse sempre ieri anche l’editoriale di ieri del New York Times dal titolo «La caduta di Mario Draghi è un trionfo della democrazia, non una minaccia per essa», che è suonato quasi come una marcia indietro rispetto agli attacchi dei giorni scorsi. Tutti eventi che probabilmente avranno pesato sul tavolo di discussione.

L’accordo sui collegi

Detto della premiership, c’è stata poi la fumata bianca sui collegi. Anche su questo il centrodestra ha trovato un punto di caduta individuando un criterio di attribuzione ai singoli partiti dei candidati per la parte uninominale, così come prevede la legge elettorale. Secondo fonti la ripartizione sarebbe la seguente: 98 seggi saranno assegnati a Fratelli d’Italia, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia, 11 ai centristi. Cifre però non confermate ufficialmente. Anzi dalle parti dei centristi si registra un certo malcontento visto che in un primo momento questi avrebbero chiesto 16-17 collegi e solo alla fine si sarebbe arrivati a 11.

Sulla questione però bocche cucite, anche se da alcuni partecipanti al vertice di ambienti centristi arriva il ringraziamento a Giorgia Meloni per la sua generosità: «Ha dimostrato visione politica e spirito unitario»; mentre Ignazio La Russa fa notare: «Abbiamo accettato che i candidati nei collegi fossero ripartiti secondo medie dei sondaggi proposte da Lega e FI, in cui FdI era sottostimata al 20. Giorgia si è mostrata molto accomodante e generosa, perché ha acconsentito alla ‘presa in carico’ della quota minima di 11 collegi destinati ai centristi».

Soddisfazione si registra però anche negli altri leader. Matteo Salvini a vertice ancora in corso commenta: «Com’è giusto che sia decidono gli italiani, chi prende un voto in più indica chi governerà l’Italia nei prossimi cinque anni. La squadra del centrodestra è compatta». Ed Antonio Tajani: «Il centrodestra è unito e si candida a governare il Paese». Ora il prossimo passo sarà il programma di governo, da presentare entro il 14 agosto, per il quale nelle prossime ore si insedierà un tavolo di lavoro.

La reazione di Enrico Letta

Sull’altra sponda, invece, mastica amaro Enrico Letta che adesso, oltre che essere alle prese con un’alleanza di centrosinistra che non decolla, è costretto prendere atto di un centrodestra unito e pronto alle urne. Da qui le sue parole: «Oggi è un giorno importante nella storia e nella politica italiana perché Berlusconi e Salvini hanno deciso di consegnarsi definitivamente nelle mani della Meloni. È una scelta che conferma quello che abbiamo detto dall’inizio di questa campagna elettorale e cioè che sarà un confronto e una scelta che gli italiani dovranno fare tra noi e Meloni».

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