Riprese le ricerche sulla Marmolada: soccorsi a lavoro per trovare i 13 dispersi

di Redazione

La valanga sulla Marmolada ha provocato la morte di 7 persone

Sono riprese le ricerche dei dispersi sulla Marmolada dopo il crollo del serracco che ha provocato la morte di 7 persone, di cui 3 identificate, 8 feriti e 13 dispersi. Ieri le ricerche da terra sono state interrotte per il rischio di ulteriori distacchi, oggi si prosegue solo dall’alto utilizzando droni ed elicotteri. In azione anche una sorta di sonar che riesce a captare i segnali dei cellulari anche se sepolti.

Gli elicotteri del Soccorso alpino portano i droni in quota quindi si procede dall’alto alla ricerca di eventuali altri corpi rimasti incastrati tra i massi. Solo se viene individuato qualcosa un soccorritore viene imbragato e si procede al recupero. Da ieri è stato stabilito che procedere diversamente mette a rischio la vita dei soccorritori esposti al crollo della ‘pancia del finanziere’, il soprannome del serrato sotto Punta Rocca, a quota 3200 metri, in bilico 700 metri sopra di loro.

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L’ipotesi che a circa 40 ore dal crollo ci possano essere ancora sopravvissuti viene ritenuta «pari a zero», ma nessuno classifica i dispersi in un altro modo. Ma continuare le ricerche da terra – visto che un blocco alto più di un palazzo è rimasto ‘sospeso’ e rischia il crollo – sarebbe troppo rischioso. «Mi spiace dire ai parenti dei dispersi che forse non potremo recuperare i loro cari», ma è un rischio che vale solo nel tentativo di salvare vite, spiega Walter Cainelli, presidente del Soccorso alpino Trentino.

Tre le vittime accertate: Filippo Bari, Tommaso Carollo e Paolo Dani – altri quattro morti ancora da identificare. Dieci dispersi sono di nazionalità italiana e 3 di nazionalità ceca. Persone che, con ogni probabilità, sono rimaste sotto il fiume di ghiaccio e rocce.

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Zaia: «Noi continuiamo a coltivare la speranza»

«Noi non molliamo. Ai parenti dei dispersi l’ho detto: noi continuiamo a coltivare la speranza di recuperare ancora qualcuno vivo». Lo dice in un’intervista al Corriere della Sera il governatore del Veneto Luca Zaia. «Stiamo vivendo una tragedia immensa. Tanto eccezionale che era imprevedibile», spiega. Per il governatore, «è evidente che le cause sono state molteplici». Nessuna escursione «è a rischio zero, come qualsiasi attività, ed è altrettanto vero che i cambiamenti climatici hanno agevolato processi in maniera repentina. Ma questo non è il primo crollo sulle Dolomiti» sottolinea. Qui «ci si trova di fronte a un fatto di portata straordinaria. È come se fosse venuto giù un enorme grattacielo di ghiaccio. Come si può pensare di prevedere una cosa del genere?».

Dello stato precario dei ghiacciai si parla da tempo, tuttavia «si fanno osservazioni di carattere generale sul cambiamento climatico. Ma dobbiamo pur ricordarci che le nostre montagne sono a loro volte state scolpite dal dissesto idrogeologico».

Certamente «dobbiamo fare di tutto perché ciò non accada più. Gli esperti si esprimeranno. Resto personalmente convinto che sia necessario affinare il sistema di monitoraggio per essere nelle condizioni di impedire l’accesso al ghiacciaio quando le condizioni non lo consentono. Un po’ come succede con la bandiera rossa al mare».

Ora, però, il ghiacciaio rimarrà impraticabile a lungo: «I sindaci hanno già emesso l’ordinanza. Penso proprio che la risalita in autonomia non sarà possibile finché non ci sarà la certezza della sicurezza». L’altro giorno «sul ghiacciaio c’erano 10 gradi – conclude – Adesso ha la dimensione che dovrebbe avere a fine settembre. È tre mesi avanti».

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