Camorra e appalti Rfi, il Riesame mette ai domiciliari il 68enne Nicola Schiavone

Ritenuto amico e prestanome di lungo corso del capoclan dei Casalesi

Il Tribunale del Riesame di Napoli ha scarcerato e disposto gli arresti domiciliari per il 68enne Nicola Schiavone, arrestato il 3 maggio scorso nell’ambito dell’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli (sostituti procuratori Antonello Ardituro e Graziella Arlomede) su un giro di appalti di Rete Ferroviaria Italiana che sarebbero finiti ad imprese ritenute vicine al clan dei Casalesi.

Schiavone è la figura di spicco dell’inchiesta in quanto ritenuto amico e prestanome di lungo corso del capoclan dei Casalesi Francesco «Sandokan» Schiavone; per l’accusa Nicola Schiavone sarebbe riuscito ad entrare in contatto con i vertici di RFI avvalendosi della sua figura di consulente delle ditte.

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Nella lunga udienza svolta ieri i pm Ardituro e Arlomede hanno depositato altri atti di indagine a sostegno dell’ipotesi di riciclaggio del denaro del clan, in particolare «pizzini» scambiati tra gli indagati, assegni, e anche annotazioni delle forze dell’ordine. Difeso dagli avvocati Umberto del Basso de Caro, Giovanni Esposito Fariello, Guido De Maio e Stefano Montone, l’imprenditore – accostato anche ad ambienti massonici – ha respinto tutti gli addebiti mossi dagli inquirenti nei suoi confronti e si è detto vittima delle sue origini: è nato a Casal di Principe, paese del Casertano in cui è nato il capoclan Francesco Schiavone, detto Sandokan.

L’operazione che portò all’arresto di 34 persone

Con Nicola Schiavone sono stati arrestati anche il fratello Vincenzo e il boss Dante Apicella, tutti ritenuti elementi di primo piano dei Casalesi almeno dagli anni ‘80, già coinvolti nel maxiprocesso ai Casalesi «Spartacus» (Apicella e Vincenzo Schiavone furono condannati mentre Nicola è stato assolto). In totale nell’indagine anticamorra sono state emesse 35 misure cautelari (17 in carcere, 17 domiciliari e un obbligo di presentazione) nei confronti di altrettanti indagati, tra cui imprenditori ritenuti in affari con la fazione Schiavone della mafia casalese, «colletti bianchi» del clan e dirigenti all’epoca dei fatti di Rete Ferroviaria Italiana.

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Le decisioni del Riesame

Nei giorni scorsi il Riesame ha però già annullato alcune ordinanze scarcerando almeno sette persone, tra cui i quattro fratelli Diana (difesi da Giuseppe Stellato), accusati di essere vicini al boss dei Casalesi Dante Apicella. Per l’accusa gli ex dirigenti Rfi avrebbero ricevuto in cambio degli appalti assegnati alle imprese del clan costosi regali, come preziosi gemelli d’oro Cartier da 600 euro, «stipendi» di mille euro mensili, soggiorni da oltre 9mila euro in costiera sorrentina con tanto di prestazioni accessorie, e anche promozioni di carriera.

Ieri, ai magistrati, ha replicato classificando come «delle gentilezze» quello che invece veniva definito dagli inquirenti il prezzo della corruzione. Tra gli appalti aggiudicati a ditte riconducibili alla fazione Schiavone figura, secondo la Dda, anche quello riguardante le centraline di sicurezza.

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