Il governo dal «salvo intese» al «poi se ne parla»

Pressione fiscale 2021 al 43,5%. Mai cosi alta in Italia. Seconda solo a quella francese

Il Def passa, ma non va lontano. Con 6 miliardi non si aiutano famiglie e imprese. Ma se ne parlerà più in là. L’esecutivo ha promesso che ci penserà. Dopo il governo «salvo intese», insomma ci tocca il… «poi se ne parla». Non proprio il massimo, insomma. Ma tant’è! Eppure, aveva promesso di essere il governo che non avrebbe mai messo le mani in tasca agli italiani, perché questo «è il momento di dare ai cittadini, non quello di prendere». A dirlo era superMario Draghi, l’uomo venuto da Francoforte via Bce, perché non crederci?

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Magari perché, nel frattempo, aveva smesso i panni da presidente Bce e indossato quelli da premier. Per altro, più vicino all’Europa che all’Italia. E per questo chiamato da Mattarella a guidare il governo. nella speranza che la sua presenza servisse a convincere quanti più partiti e parlamentari, senza distinzioni di provenienza, a entrare nel «circo delle meraviglie», sgomberando il campo da potenziali ostacoli. Così, la paura del voto e la voglia di poltrone hanno avuto la meglio sugli interessi del Paese e dei cittadini. Con le forze di maggioranza, che organizzano passerelle, lanciano proclami e urlano che non ci stanno.

Perché, in vista delle urne pensano più a difendere le proprie bandierine (vedi il ddl Zan, che torna sei mesi dopo la bocciatura al Senato) che i decreti fiscale, concorrenza, giustizia, imposti dal Recovery. Poi, per essere ancora più tranquilli hanno deciso di epurare la task force che dovrebbe sovraintendere agli indirizzi ecoonomici del governo di tutti gli economisti che la pensano diversamente da loro e dai loro amici eredi di Keynes. E i risultati li conosciamo tutti. Anche i «dragoniani».

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L’allarme della Cgia di Mestre

Stando alla Cgia di Mestre nel 2021, la pressione fiscale ha battuto ogni record ed è arrivata a quota 43,5% del Pil. La più alta della storia italiana, seconda solo alla Francia di Macron e l’Istat, fa presente che nel post pandemia, una famiglia su tre ha visto peggiorare la propria condizione economica. E meno male che era il momento «di dare, non prendere, ai cittadini»! Diversamente, cosa sarebbe successo?

Ma che – nonostante la maggioranza bulgara e l’autorevolezza internazionale di Draghi – il governo dei «migliori» non sia stato molto più adeguato dei precedenti, di prima e seconda repubblica, è dimostrato dalla medaglia d’argento continentale per livello di tassazione, ma anche dagli obiettivi annunciati e non ottenuti. E non sempre a causa del covid. Anzi!

Il Recovery di guerra e il Pnrr

Intanto continua ad «implorare» alla Ue un «Recovery di guerra», per superare le pesantissime conseguenze del conflitto in Ucraina. Dimentica, però, che nel 2021 è riuscito a spendere (forse sarebbe più giusto dire «impegnare») solo 5,1 miliardi ovvero il 37% dei 13,7 a sua disposizione per il programma iniziale del Pnrr. Eppure l’Ue ci ha, concesso tutti i 21 miliardi della prima rata.

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Già, solo perché il controllo sui risultati raggiunti si è fermato alle norme approvate (per altro, con leggi deleghe, per il disaccordo sui contenuti) per migliorare governance e amministrazione e solo a due obiettivi concreti: l’ammissione di 5.250 Pmi al Fondo Simest per l’internazionalizzazione e l’export delle Pmi e l’assunzione dei mille esperti da mettere a disposizioni delle regioni.

Dei quali, per altro, non si ha traccia, visto che tutte le regioni lamentano la mancanza di tecnici per predisporre progetti e bandi. Infine, hanno chiesto alla Fit di impedire ai tennisti russi la partecipazione agli internazionali di Roma. Peggio della prima repubblica! Ha delegato le risposte all’aggressione russa all’Ucraina a Biden e Usa, condividendone, a differenza di Germania, Francia ed altre l’invio delle armi e tutte le sanzioni che stanno facendo male alla Russia, ma ancora di più all’economia italiana.

Insomma, fingendo di non accorgersene, Draghi – magari in cambio di qualche «stelletta» per la segretaria generale della Nato – sta trascinando l’Italia, in un vortice di inflazione, stagflazione e recessione. Così, i prezzi crescono, la produzione ristagna e il potere d’acquisto s’assottiglia. Riflettere per credere!

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