L’assenza dei parlamentari all’intervento di Zelensky, schiaffo alla democrazia

di Nicola Bono*

Un parlamentare democratico dovrebbe sempre ascoltare chiunque

L’assenza di un terzo dei Parlamentari italiani, alla seduta di intervento da remoto del Presidente dell’Ucraina Zelensky costituisce una vergognosa offesa alla Democrazia, oltre che ai più elementari principi di umana solidarietà. Un parlamentare democratico a prescindere dalle sue opinioni, dovrebbe sempre ascoltare chiunque, per onorare il diritto di libertà di parola ed il doveroso confronto civile tra posizioni contrapposte.

Di conseguenza, l’atteggiamento di oltre 300 parlamentari che hanno rifiutato di ascoltare Zelensky è tipico di persone ottuse e illiberali. O, forse, di persone che sanno di essere nel torto nel difendere un criminale invasore, e non sopporterebbero di sentirselo rinfacciare. Ma assentarsi da un evento di questa portata, è un fatto imperdonabile, che banalizza proprio il ruolo e la funzione del Parlamento, che è il tempio della democrazia.

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Nel caso in specie poi l’eccezionalità della situazione e del personaggio ospite avrebbero imposto, proprio per il dramma che incarna, il minimo contrattuale di concedere il rispetto umano per la tragedia umanitaria che sta subendo da parte della Russia e del suo Zar-Presidente. Zelensky è stato giustamente onorato dai parlamentari presenti e dal Premier Draghi, che ha riconosciuto l’eroismo dell’Ucraina nel resistere all’Orso Russo e nel ribadire gli aiuti umani e militari dell’Italia, che continueranno a sostenere un popolo che non vuole essere invaso e sottomesso.

Opinioni supportate da ragionamenti

E in merito agli aiuti militari, fermo restando che ciascuno ha diritto alla propria opinione, data la delicatezza del tema, si impone che almeno le opinioni siano supportate da ragionamenti coerenti. Per questo spiace sentire Salvini sostenere la tesi che «quando si parla di armi io fatico ad applaudire», poiché non sono la soluzione e ventila il rischio di portarsi «la guerra a casa», ed auspica che «la diplomazia riprenda il suo spazio». Un vero statista, non c’è che dire. In poche parole, e dopo avere votato gli aiuti umanitari e militari, ritorna come niente fosse al concetto di contestare di fatto gli aiuti militari stessi. Ma si può?

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E chi avrebbe reso inutili tutti i tentativi diplomatici di evitare che prima la guerra divampasse e poi si potesse fermare? Zelenski o Putin? Chi ha violato tutte le regole giuridiche e umanitarie internazionali, bombardando ospedali e civili e radendo al suolo intere città? In una parola se una delle parti, la Russia, non vuole trattare, cosa resta se non combattere o arrendersi? Invocare retoricamente la diplomazia, laddove una delle parti la rifiuta e non fornire armi, equivale a prendere le parti dell’aggressore e lasciare come unica opzione la resa dell’aggredito. E’ questo che intende Salvini?

Ed in caso di opzione per il combattimento, cosa resta da fare alle democrazie che, giustamente, vogliono evitare un conflitto mondiale, con rischio anche atomico, ma hanno il dovere morale, etico e storico di fare di tutto per aiutare un popolo aggredito a non tornare schiavo del suo aguzzino, che lo ha oppresso per 400 anni, se non fornire le armi per difendersi?

Quindi un ragionamento, quello di Salvini, incoerente e pericoloso, perché di fatto simile alle tesi dei cosiddetti «pacifisti da salotto», ma in genere Putiniani sotto copertura, il cui motto preferito è «non si può conciliare la pace con le armi», e che auspicano dall’inizio del conflitto la resa incondizionata di un popolo, che sta dimostrando tutto il suo valore anche nel campo di battaglia.

Il sacrificio dell’Ucraina

Bene ha fatto l’Italia e tutti i Paesi occidentali a fornire gli aiuti militari, perché quello dell’Ucraina non è un sacrificio solo per la loro libertà, ma anche per la nostra. E pure per tutte le persone che hanno sacrificato la loro vita nei secoli, a difesa dei principi di indipendenza, libertà e democrazia, a partire dai caduti del nostro Risorgimento. Nessuno al mondo ha mai avuto in regalo questi diritti inalienabili, che comportano una difesa costante da ogni pericolo interno ed esterno, a tutti i Paesi che ne godono.

Ed anche per questo che occorre al più presto ragionare in Europa seriamente sul tema della difesa militare, che non si può in nessun caso realizzare con l’attuale assetto costituito dall’Unione Europea, ma solo con la ripresa del processo di costituzione della Federazione degli Stati d’Europa, perché non c’è nessun esercito senza un governo unitario che lo possa comandare.

Qualsiasi ragionamento in merito, riguardante l’Unione Europea, è solo una perdita di tempo, ed una sonora presa in giro, che non si può più ulteriormente sopportare, senza mettere a rischio la sicurezza di ogni singolo Paese del Vecchio Continente, terza potenza economica mondiale e patetico «nano politico».

Nicola Bono
già sottosegretario per i beni
e le attività culturali

Setaro

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