Ennesima vittima innocente, lo stato divenga Stato

La scia di sangue a Napoli e provincia non si ferma

L’antivigilia di Natale a Napoli ha dimostrato ancora tutta la debolezza, se così vogliamo definirla, dello Stato, in Campania e nel Sud Italia. Debolezza, anzi assenza. In meno di 11 ore due fatti di sangue hanno scosso la provincia napoletana. Il primo ieri mattina alle ore 11, all’esterno di un bar in via Caio Dulio a Fuorigrotta dove i killer hanno esploso alcuni colpi d’arma da fuoco ferendo gravemente il ras Vitale Troncone al volto e a una gamba. In pieno giorno, in una mattina affollata con tante persone in giro per le ultime compere, sono stati diversi i proiettili esplosi.

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Solo per pura fortuna non ci sono state stragi. Troncone, in un primo momento, è stato trasportato all’ospedale San Paolo, ma dopo si è reso necessario il suo trasferimento all’ospedale del Mare a causa della gravi condizioni. Nel quartiere è forte l’allarme camorra. Negli ultimi tempi sembrano essersi riacutizzate le tensioni tra clan. L’agguato al ras è solo l’ultimo episodio, poco più di un mese fa aveva perso la vita in un agguato il nipote 30enne Andrea Merolla.

Antonio Morione, ucciso durante una rapina

Ma la scia di sangue non si è limitata a Napoli e ha scosso anche la provincia. E se nel capoluogo si può addossare la colpa alla camorra, a Boscoreale ad appena 38 chilometri di distanza dal luogo dell’agguato a Vitale Troncone, è stata interrotta bruscamente una vita innocente.

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Antonio Morione era a lavoro nella pescheria ‘il Delfino’, in via Giovanni Della Rocca. Titolare dell’esercizio commerciale, con la camorra e la criminalità, a quanto pare, non aveva niente a che fare. Antonio è stato barbaramente ammazzato in un tentativo di rapina intorno alle 22. L’uomo era intento a servire i clienti quando alcuni delinquenti (o barbari?) hanno tentato una rapina a mano armata e si sono dati alla fuga. Il 41enne, forse per disperazione o per dimostrare che il male non può averla sempre vinta, ha provato a inseguirli e a fermarli.

I delinquenti però non si sono fatti scrupolo e hanno aperto il fuoco esplodendo quattro proiettili. Uno di questo però ha colpito al volto l’esercente ferendolo gravemente. Inutile la corsa all’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, è deceduto poco dopo il suo arrivo. Secondo una prima ricostruzione i rapinatori erano almeno in tre, due hanno fatto irruzione nell’esercizio commerciale mentre un terzo li attendeva in auto a poca distanza. Sul posto sono giunti i carabinieri della Compagnia e del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata che hanno trovato quattro bossoli calibro 9×21.

Poco prima del tragico evento, fanno sapere i carabinieri, un’altra rapina si era consumata in una pescheria il cui titolare è il fratello di Antonio, Giovanni Morione. Anche qui, in via Diaz, sempre a Boscoreale, un malvivente ha esploso un proiettile all’interno dell’esercizio commerciale, e solo per fortuna non si è avuta un’altra vittima. I militari dell’Arma, che hanno trovato un bossolo dello stesso tipo di quelli trovati in via Della Rocca, sono a lavoro per capire se è stata compiuta dalla stessa banda che ha spezzato la vita di Antonio.

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Urge una risposta vera da parte dello Stato

Da questi tre episodi però sembra emergere un unico filo conduttore: la totale assenza dello Stato. Da anni, anzi decenni, a Napoli, in Campania, al Sud, l’Italia ha fallito. Ha latitato come solo i peggiori criminali sanno fare. Tra morti di camorra e vittime innocenti si è assistito a troppe vite spezzate inutilmente. Anche questa volta, molto probabilmente, si assisterà alla risposta delle forze dell’ordine che proveranno ad assicurare alla Giustizia gli assassini. Ma niente di più.

Carabinieri, polizia, guardia di finanza e le altre forze di polizia, provano ogni giorno a presidiare il territorio, a far rispettare le regole e la convivenza civile. Ma da Roma non arriva nessun supporto trasformando il loro sforzo in una missione impossibile. Facile parlare di divario economico, sociale e culturale per poi scaricarsi le colpe e non risolvere le difficoltà. Oggi, a 160 anni dall’Unità d’Italia, c’è bisogno che lo stato divenga Stato. E che lo Stato si dimostri tale anche al di quà del Garigliano.

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