Draghi si candida al Colle, ma a modo suo. Ora toccherà ai partiti costruire la strada per il Quirinale

Mario Draghi evita di annunciare la sua corsa al Quirinale ma detta le condizioni ai partiti per la sua elezione

Mario Draghi annuncia la sua candidatura al Quirinale, ma lo fa a modo suo. Nel suo stile e soprattutto consapevole che lo scenario in cui si terrà la corsa al Colle è del tutto inedito. Non soltanto per la pandemia, che ha rialzato la testa, ma soprattutto perché non si era mai visto che il candidato più accreditato per il Quirinale sedesse al momento sulla poltrona di premier a Palazzo Chigi.

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Naturale, quindi, che la conferenza stampa di ieri non potesse essere la ‘discesa in campo’ dell’ex governatore della Bce. Niente discorsi da ‘L’Italia è il Paese che amo’, ma piuttosto messaggi lanciati alle forze politiche da decifrare e interpretare. Perché, ed è questo il senso che si coglie al termine della conferenza stampa, Mario Draghi è pronto a salire al Colle ma la sua elezione va costruita; il percorso che separa Palazzo Chigi dal Quirinale va sminato dalle possibili insidie, e questo dovrà essere il compito dei partiti, del Parlamento. Non certo di Mario Draghi, che non andrà oltre quello che ha detto ieri, oltre la disponibilità a lasciare Chigi per il Colle.

E che cosa ha detto ieri l’ex governatore di Bankitalia? Che il PNRR, la pandemia e il ruolo che sta rivestendo non rappresentano un ostacolo alla sua salita al Colle. Chi pensava, infatti, che la situazione lo avesse imbullonato alla poltrona di Palazzo Chigi si sbagliava di grosso. Lui non si sente affatto e ieri lo ha detto chiaro e tondo: «Abbiamo conseguito 3 grandi risultati: siamo uno dei Paesi più vaccinati, abbiamo consegnato in tempo il Pnrr e abbiamo raggiunto i 51 obiettivi. Il governo ha creato queste condizioni indipendentemente da chi ci sarà».

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Una maggioranza più ampia possibile

Ecco la parola magica: «indipendentemente» e cioè anche senza Mario Draghi, che potrebbe andare al Quirinale, quanto fatto finora potrà continuare senza alcun problema. Insomma, la macchina di Palazzo Chigi è ormai avviata e perciò può essere guidata da chiunque. Ma il premier però lancia un avvertimento: «L’importante è che sia sostenuto da una maggioranza come questa, la più ampia possibile che voglio ringraziare».

Condizione non da poco e che sembra suonare come un avvertimento ai partiti, nel senso che la candidatura al Colle va costruita in un ambito più ampio e complesso dove accanto alla presidenza della Repubblica debba esserci anche quella del Consiglio dei ministri. Una questione che un po’ tutti sapevano ma che detto da Draghi in persona fa un altro effetto. Tutti, infatti, erano consapevoli che mettendo Draghi al Quirinale si sarebbe aperto il problema di chi indicare alla guida del governo, ma quello che aggiunge adesso l’ex governatore della Bce è che la decisione va presa contestualmente.

Insomma, una sorta di ticket Quirinale-Chigi che in un certo qual modo ha qualcosa d’inedito, come in fin dei conti tutta questa elezione presidenziale. E se non bastasse Draghi aggiunge che la maggioranza dovrà essere la stessa, se non anche più ampia, di quella che adesso sostiene il suo governo. E questo anche perché sarebbe impensabile avere una maggioranza per il presidente della Repubblica e un’altra per il governo.

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E Draghi pone la questione sotto forma d’interrogativo rivolto direttamente ai partiti: «Avendo detto che ci vuole una maggioranza ampia anche più ampia della attuale perché l’azione di governo continui, è immaginabile una maggioranza che si spacchi sulla elezione del presidente della Repubblica e si ricomponga nel sostegno al governo? E’ la domanda che dobbiamo farci».

La fine naturale della legislatura

E dovranno essere i partiti a dover rispondere muovendosi all’interno di quel perimetro che lo stesso Draghi ha delineato. Un perimetro che, è l’altra condizione che individua il premier, dovrà tenere almeno fino alla fine della legislatura, perché «è essenziale, per continuare l’azione di contrasto della pandemia, di rilancio della crescita e l’attuazione del Pnrr, che la legislatura vada avanti fino al suo termine naturale».

Un passaggio sulla scadenza naturale della legislatura che sembra anche essere un messaggio tranquillizzante per quei tantissimi parlamentari terrorizzati dal repentino ritorno al voto, che per loro potrebbe significare la fine della propria carriera politica. E che è anche un assist ai partiti nella complicata operazione di costruzione di quel percorso che porterebbe Draghi al Colle.

Toccherà, quindi, da oggi ai partiti se davvero vorranno eleggere Mario Draghi alla presidenza del Consiglio costruire la strada della sua elezione. Non sarà facile, non tanto per le oggettive difficoltà che l’elezione al Quirinale comporta ma anche perché mai come questa volta è legata a doppio filo con i destini del governo e dell’Italia stessa.

La riunione nella tenuta romana di Berluconi

Certamente questo sarà il tema della riunione del centrodestra nella villa di Silvio Berlusconi a Roma, alla quale Matteo Salvini si prepara già annunciando che «un governo che ha ben lavorato, guidato da una personalità autorevole come Mario Draghi, debba andare avanti perché se togli la casella più importante a questo governo, ‘del doman non v’è certezza’». Mentre Silvio Berlusconi dalla riunione con gli eurodeputati fa trapelare la volontà che questo governo «continuasse, senza scossoni, fino alla fine della legislatura».

Non proprio un’adesione entusiastica, ma c’è tempo. Anche perché come diceva Cirino Pomicino le elezioni vanno preparate e Mario Draghi ieri ha soltanto fatto vedere la cornice. Al quadro dovranno pensare gli altri. Naturalmente se vorranno, perché Draghi non andrà oltre quello che ha detto ieri, e anche perché come ha chiarito: «Io non ho particolari aspirazioni. Sono un uomo, se volete un nonno al servizio delle istituzioni. La responsabilità delle decisioni è interamente nelle mani delle forze politiche e non degli individui».

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