Sei miliardi di prestito garantito del decreto rilancio alla Fiat Chrysler Automobiles, italo-statunitense di diritto olandese
«Tutto va bene, madama la marchesa….», ma «i ladri hanno incendiato il castello ed il cavallo è morto per asfissia». Le mezze verità che servono a trasformare le narrazioni in realtà indiscutibile e verità assoluta (chiunque s’azzardi a dire il contrario, diventa un nemico da combattere e, magari, distruggere). Anzi, di più a far credere agli italiani che tutto va benissimo, anzi ancora meglio e che gli eventi dell’era del covid hanno quasi portato bene a questo Paese trasformandolo da fanalino di coda in primo della classe.
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Tant’è che continuano a insistere sul fatto che la ripresa post-covid in Italia è decisamente più possente che negli altri 27 paesi: 62-6,3 quest’anno, ma si fermerà a 4% nel 2022, secondo il centro Studi Confcommercio contro il 4.7 previsto dal governo nei propri documenti ufficiali, dimenticandosi, però che siamo proprio noi quelli che nel pieno della pandemia abbiamo lasciato per strada più pil di tutte le altre -8,9 nel 2020, rispetto al pil nominale del 2019.
Sicché al tirar delle somme, dal momento che stando alle previsioni di premier e maggioranza allargata, il pil 2022 crescerà a quello per covid di uno striminzito -0,6%; mentre, sempre muovendo da quelle stesse stime e senza il covid, il pil 2022 sarebbe comunque cresciuto dello 0,7 annuo per 3 anni. Se ne ricava, quindi, per quanto il calendario segnali che stiamo per festeggiare l’arrivo del 22esimo anno del terzo millennio, nella realtà – checché ne dicano «i migliori» di SuperMario – in fatto di crescita siamo ancora bloccati al 19esimo.
Solo, però, in fatto di Pil, poiché in fatto di occupazione la situazione è messa un po’ peggio
Rispetto al pre covid, infatti, siamo ancora indietro di 200mila posti di lavoro, e la stragrande maggioranza dei 600.000 recuperati da gennaio e ottobre 2021 sono a tempo determinato. Di più, continua ad assottigliarsi l’esercito degli autonomi, che ad ottobre 2021 erano ben 132.000 rispetto allo stesso mese 2020.
Solo, però, in fatto di Pil, poiché in fatto di occupazione la situazione è messa un po’ peggio. Rispetto al pre covid, infatti, siamo ancora indietro di 200mila posti di lavoro, e la stragrande maggioranza dei 600.000 recuperati da gennaio e ottobre 2021 sono a tempo determinato. Di più, continua ad assottigliarsi l’esercito degli autonomi, che ad ottobre 2021 erano 132.000 in meno rispetto al 2020.
Tranquilli, però. I ministri Carfagna e Franco hanno assicurato che: «per il Meridione già attivati 38 progetti» Pnrr e sperano di arrivare a 51 entro fine anno, per ottenere i 24 miliardi della prima rata «Recovery». Peccato non siano progetti da realizzare, ma deleghe al governo a fare riforme e decreti, impostici dalla Ue, «in nomen Recovery». E, quindi, non interessano solo il Sud. La verità – checché ne dicano Carfagna e Franco, ma anche gli altri «migliori» di SuperMario – è che il Pnrr è ancora fermo al palo. A conferma che, come sosteneva Nikita Chruščëv, « i politici sono uguali dappertutto. Promettono di costruire un ponte anche dove non c’è un fiume».
E nel frattempo, non si fanno scrupolo di continuare sulla strada dello strabismo territoriale. Tant’è che dei 30 miliardi di prestiti garantiti Sace, previsti nel decreto Rilancio, l’80% è andato al Nord e appena il 20% al Sud. Certo al di sotto del Garigliano le dimensioni delle aziende sono più ridotte. Questo significa che anche se fanno utili, non devono essere sostenute? Magari per evitare che crescano troppo e diano fastidio ai colossi settentrionali? E senza dire, per carità di patria, che oltre 6 dei 30 miliardi complessivi, ovvero un quinto dell’intero scudo, è andato all’italo-statunitense Fiat Chrysler Automobiles (oggi Stellantis) di diritto olandese, per motivi fiscali. Come a dire che in Italia preleva e in Olanda e Usa deposita. Utili e imposte, ovviamente.