Il ritorno della sinistra tassa e spendi. Il Pd propone di tassare le successioni dei ricchi, ma Draghi frena: è il momento di dare, non di prendere

Riecco la sinistra del tassa e spendi; quella, tanto per capirci, che la ricchezza più che crearla preferisce tassarla. Nemmeno la pandemia con la più grave crisi economica dalla Seconda guerra mondiale è riuscita a cambiarla o quanto meno a farle intendere che gli italiani di tutto hanno bisogno in questo momento, purchè di sentirsi dire che arriveranno nuove tasse.

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Neanche a dirlo la firma in calce alla nuova tassa, a breve spiegheremo nel dettaglio, è quella di Enrico Letta che da quando è diventato segretario non ne ha azzeccata una. Lo testimoniano i sondaggi che vedono il Pd in caduta libera, da secondo partito addirittura a quarto dietro Lega, Fratelli d’Italia e il M5S, come attesta il sondaggio commissionato dalla Rai a EMG dello scorso 17 maggio. Un vero crollo di quasi 3 punti percentuali dal 14 marzo ad oggi. Una debacle frutto di scelte quanto meno azzardate e che gli italiani hanno dimostrato di non comprendere: lo ius soli, il ddl Zan e adesso l’introduzione di una nuova tassa.

Di cosa si tratta è presto detto: «Su ‘7 Corriere’ lancio la proposta di una dote per i diciottenni. Per la generazione più in crisi un aiuto concreto per studi, lavoro, casa. Per essere seri va finanziata non a debito (lo ripagherebbero loro) ma chiedendo all’1 per cento più ricco del Paese di pagarla con la tassa di successione». Nei panni, quindi, del novello Robin Hood, Enrico Letta vorrebbe togliere ai ricchi per dare ai giovani poveri. Peccato però che non spieghi cosa intende per ricchi e fin dove questa categoria possa spingersi, insomma chi sono i ricchi per Enrico Letta?

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Nessuna precisazione. Insomma, ecco servita la sempre annunciata patrimoniale. Naturale che si sollevasse un polverone, al punto che lo stesso Mario Draghi nel corso della conferenza stampa di presentazione del decreto Sostegni bis ha stroncato la proposta: «Non ne abbiamo mai parlato, non l’abbiamo mai guardata ma non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli».

Per poi chiarire meglio: «L’economia è ancora in una situazione di recessione, di grande disoccupazione e tutti questi provvedimenti fiscali saranno oggetto poi della riforma del fisco. Un errore quando si parla di fisco è stato quello di andare avanti a pezzettini, quindi l’importante ora è fare una legge delega della riforma fiscale che seguirà le linee delle commissioni parlamentari che hanno lavorato finora molto bene tra l’altro su questo argomento. Dopo la legge delega nominare una commissione che lavorerà anche in stretto contatto con il Parlamento. Questa sarà la sede in cui tutte queste questioni saranno discusse».

Musica per le orecchie di chi non aspettava altro che mettere in difficoltà il Pd. Giorgia Meloni plaude: «Draghi sulla proposta di Letta sulla tassa di successione: ‘Non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli’. Meno tasse e burocrazia, più libertà d’impresa: questo serve all’Italia per rialzarsi e se il Governo seguirà questa strada troverà il sostegno di FdI». Matteo Salvini, invece, ricorre a una formula calcistica: «Quel genio di Letta lancia la tassa di successione, ma l’Italia non è Parigi, dove era abituato a cambiare champagne. Le tasse se le tiene lui: oggi il premier Draghi lo ha fermato come un grande libero, alla Baresi».

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Ma è anche nella stessa maggioranza che ci sono distinguo, in particolare da Italia Viva dove il capogruppo al Senato, Davide Faraone boccia la «proposta di Enrico Letta» che «è veramente fuori dal mondo. Questo governo è nato per far ripartire l’Italia, non per mettere le mani nelle tasche dei cittadini».

Dal Pd però non un passo indietro, anzi due in avanti con il tentativo dalla sede del Pd al Nazareno di cercare di chiarire meglio i contorni della nuova tassazione: «Aumentare in maniera progressiva le aliquote sulle successioni e per le donazioni superiori ai 5 milioni di euro, in modo da creare un fondo che finanzi una dote da 10 mila euro per 280mila diciottenni. I soldi della dote potrebbero essere spesi in formazione e istruzione; lavoro e piccola imprenditoria; casa e alloggio. Il costo della misura sarebbe di circa 2,8 miliardi annui e verrebbe finanziato portando al 20 per cento l’aliquota massima di tassazione per le eredità e le donazioni tra genitori e figli superiori ai 5 milioni di euro, mantenendo la franchigia di un milione di euro».

Chiarimenti che però non risolvono la questione di fondo e cioè quello di una nuova tassazione che il Pd vorrebbe imporre. Ma su tutto pesa il «non è il momento» di Mario Draghi che ha subito sgombrato il campo da equivoci e polemiche. Difficile, infatti, pensare che il Pd possa, al di là delle dichiarazioni di facciata, andare avanti su questo progetto, anche se questo conferma giorno dopo giorno l’inadeguatezza del vertice democratico che ha perso le coordinate per orientarsi. E il crollo dei sondaggi ne è la conferma.

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