Dal Conte ter al Draghi 1. Nessuna intensa in maggioranza e Mattarella impone il governo di alto profilo

Dal Conte ter al Draghi 1. La crisi iniziata una settimana fa con le dimissioni di Giuseppe Conte, ma in realtà avviatasi molto prima agli inizi di dicembre quando nel CdM il premier presenterò il suo progetto di governance del Recovery fund, potrebbe avere questo epilogo. Il tutto al termine di un’ennesima giornata vissuta sulle montagne russe a cui è toccato a Matteo Renzi dare il colpo finale che ha chiuso tutti i giochi.

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Volendo chiudere tutto in una battuta potremmo dire che nuovamente a tradire Giuseppe Conte è stata una ‘compravendita’ andata male. Allora in Senato si trattò di senatori, stavolta si è trattato di poltrone e ministeri. Proprio così, perché alla fine tutto su è giocato sul filo degli incarichi, degli incastri di governo e delle nomine da effettuare. Altro che trattative sul programma o sui temi da affrontare, oppure su cronoprogramma con scadenze fissate e consacrato dalle firme in calce dei leader. La fine dell’esperienza di Conte a Palazzo Chigi è la conseguenza dei veti incrociati tra le varie forze politiche, tra Italia Viva che chiedeva più spazio, il M5S che non ha voluto fare concessioni e il Pd che ha tentato di allargare la sua delegazione.

Matteo Renzi

Morale della favola è saltato tutto con tanto di accuse reciproche: Renzi che dice: «Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocita’, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei Niet dei colleghi della ex maggioranza»; Crimi che replica: «L’obiettivo ora è evidente, l’obiettivo era ottenere qualche poltrona in più. Non abbiamo ricevuto da Iv nessun tipo di rassicurazione su Conte e abbiamo assistito anche al sindacare sui ministeri degli altri. Chi ha cominciato a mettere veti è Renzi, che ha posto davanti all’interesse del Paese l’interesse ad avere qualche poltrona in più»; e infine il Pd attraverso le sue fonti: «Renzi aveva fatto richieste sugli assetti di governo e poi è arrivata la rottura inspiegabile. Nonostante la disponibilità della maggioranza ad accogliere Iv nel governo, Renzi ha deciso di rompere. Iv non può pretendere di scegliere i ministri degli altri partiti. Una rottura non con Conte ma con gli alleati».

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Roberto Fico e Sergio Mattarella

Tutto ciò comunque è storia, visto che adesso la palla è nelle mani di Mario Draghi, lanciato in campo direttamente dal Capo dello Stato. Una scelta giunta dopo che al Colle Roberto Fico aveva comunicato a Mattarella il fallimento del suo mandato esplorativo: «Allo stato attuale permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato la unanime disponibilità di dare vita a una maggioranza».

Preso atto della situazione Mattarella prende la situazione in mano e in sette minuti dal Colle spiega che due sono le soluzioni: governo istituzionale o il ritorno alle urne. Ma chiarisce subito che la seconda ipotesi è impossibile da percorrere visto che la pandemia, la campagna di vaccinazione e soprattutto il Recovery plan lo impediscono. Andare a votare per Mattarella significherebbe «tenere il nostro Paese con un governo senza pienezza di funzioni per mesi cruciali, decisivi, per la lotta alla pandemia, per utilizzare i finanziamenti europei e per far fronte ai gravi problemi sociali»; senza contare, continua sempre Mattarella, il rischio dei possibili aumenti dei contagi a causa proprio delle elezioni e della campagna elettorale.

Sergio Mattarella

Da qui la scelta per un «governo di alto profilo» rispetto al quale dal Colle arriva «un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica». E poco dopo arriva la comunicazione della convocazione per oggi alle 12 a Mario Draghi per conferirgli il mandato a formare il governo.

Con la nomina dell’ex governatore della Bce adesso la partita si sposta in Parlamento e su chi deciderà di appoggiarlo. Nel centrosinistra Italia Viva anche senza citare Draghi fa capire di essere al suo fianco: «Abbiamo ascoltato le sagge parole del Presidente della Repubblica Mattarella: ancora una volta ci riconosciamo nella Sua guida. E agiremo di conseguenza».

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Nicola Zingaretti

Dal Pd Nicola Zingaretti parla di disponibilità al confronto perché «abbiamo fatto davvero di tutto per ricostruire una maggioranza, in un momento difficile. Il presidente Mattarella, che ringraziamo, con la sua iniziativa ha posto rimedio al disastro provocato dalla irresponsabile scelta della crisi di Governo. Da domani saremo pronti al confronto per garantire l’affermazione del bene comune del Paese».

Nel M5S a tarda notte arriva la posizione del capo politico Vito Crimi, il quale chiarisce che dai Cinquestelle non ci sarà fiducia per un governo guidato da Mario Draghi: «Il MoVimento 5 Stelle, già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l’unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi. Una tale tipologia di esecutivi è già stata adottata in passato, con conseguenze estremamente negative per i cittadini italiani».

In realtà, il timore che serpeggia tra i grillini è che al dunque si determinerà una spaccatura. Per questo l’assemblea dei gruppi parlamentari fissata per oggi alle 15 sarà indicativa e chiarirà la compattezza o meno dei Cinquestelle, anche perché se davvero rimanessero tutti arroccati sul no per Draghi si farebbe molto dura trovare i voti necessari per la fiducia.

Giorgia Meloni

Sul fronte del centrodestra Giorgia Meloni frena l’ipotesi Draghi e spiega: «Non penso che la soluzione ai gravi problemi sanitari, economici e sociali della Nazione sia l’ennesimo governo nato nei laboratori del Palazzo e in mano al Pd e a Renzi. In una democrazia avanzata i cittadini, attraverso il voto, sono padroni del proprio destino. Anche quando la situazione è difficile. Soprattutto quando la situazione è difficile. Il presidente valuta più opportuno rischiare un governo che per due anni avrà molte difficoltà a trovare soluzioni efficaci per gli italiani. Noi, invece, pensiamo sia decisamente meglio dare la possibilità agli italiani di votare, per avere una maggioranza coesa e forte che possa governare cinque anni e dare all’Italia le risposte coraggiose di cui ha bisogno. Nel centrodestra ci confronteremo, ma all’appello del presidente rispondiamo che, in ogni caso, anche dall’opposizione ci sarà sempre la disponibilità di Fratelli d’Italia a lavorare per il bene della Nazione».

Matteo Salvini

Prudente Matteo Salvini che chiarisce che «noi non diciamo i sì o i no a pacchetto chiuso. Detto questo chiunque voglia governare il Paese da domani al voto se vuole il consenso della Lega deve impegnarsi al taglio delle tasse, a una riapertura in sicurezza delle scuole, alla pace fiscale e alla rottamazione delle cartelle, alla difesa di quota 100 a fare un piano vaccinale serio e non alla Arcuri, una riforma della giustizia degna di questo nome. Su tutto questo vogliamo risposte».

Tace invece Silvio Berlusconi che rimane alla finestra probabilmente attento sia agli appelli di responsabilità di Mattarella ma anche all’unità del centrodestra, e questo anche perché l’ipotesi delle elezioni anticipate non è del tutto scomparsa dall’orizzonte. In particolare, se Draghi non dovesse suscitare i necessari consensi in Parlamento la strada per le elezioni sarebbe spianata e quindi in quel caso, a legge elettorale vigente, lo spirito della coalizione di centrodestra sarebbe necessario. Comunque quello che filtra dagli ambienti vicini al Cavaliere è la «grande stima» per Mario Draghi, che giova ricordarlo al vertice della Banca d’Italia fu nominato proprio dal governo guidato da Silvio Berlusconi.

L’appuntamento è quindi per oggi alle 12 sul Quirinale. Qui probabilmente Draghi accetterà con riserva l’incarico e inizierà le sue consultazioni con i partiti per capire su quali forze e numeri potrà contare. Alla fine ritornerà da Mattarella per sciogliere la riserva o rimettere il mandato. Se tutto dovesse andare bene all’inizio della prossima settimana potrebbe esserci anche il passaggio in Parlamento, perché la sensazione è che la lista dei ministri sia già pronta e che si attenda di capire soltanto chi deciderà di salire a bordo del Draghi 1.

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