Conte si salva con una maggioranza risicata, ma ora «ha da passà ‘a nuttata»

E adesso che succede? «Ha da passà ‘a nuttata». Chi pensava che il voto di fiducia al Senato potesse fare finalmente un po’ di chiarezza sarà costretto a ricredersi. Anzi se possibile si è entrati in una fase ancora più confusa e incerta. Appunto, per il governo siamo in piena nottata, senza sapere se sarà breve ma soprattutto se una volta terminata Giuseppe Conte si risveglierà sempre premier.

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Se non è crisi al buio poco ci manca e soltanto perché la matematica lo ha evitato, ma come si sa la politica e la matematica non sempre vanno d’accordo. Partiamo allora dai numeri che danno per ora ragione a Conte.

Ieri, infatti, in Senato Giuseppe Conte ha evitato una rovinosa caduta, incassando la maggioranza relativa (156 voti) ma non quella assoluta (161) e per questo deve ringraziare ben 3 senatori a vita (Cattaneo-Monti-Segre) e due forzisti ora fuori dal partito: Maria Rosaria Rossi, un tempo stretta collaboratrice del Cavaliere e tesoriere del partito, e Andrea Causin già diverse vite politiche fa nel Pd.

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A sua volta l’opposizione si è fermata a 140. E nel mezzo i renziani che hanno deciso di astenersi, in tutto 16. E basta fare due calcoli, sommando i renziani e il centrodestra, per capire che quella di Conte ieri in Senato è stata la classica vittoria di Pirro.

Seduta del 19 gennaio 2021, Conte in Aula

Non solo in Aula Conte non è più padrone del proprio destino, ma soprattutto nelle Commissione ormai il governo non può contare sulla maggioranza. Il che significa lo stallo totale, quello che Conte ma in primo luogo il Capo dello Stato speravano di superare con il passaggio in Parlamento.

Ma quello che è ancora più evidente è che dei famosi responsabili, o meglio i volenterosi, che avrebbero dovuto confluire nel gruppo Maie – Italia 2023, costituito per l’occasione da Ricardo Merlo, non si è vista nemmeno l’ombra. In breve, quello che alla vigilia Conte aveva annunciato e cioè che il governo non avrebbe cercato il sostegno dei singoli si è puntualmente verificato. Altro che embrione in Parlamento del partito di Conte, di quella formazione europeista, liberale e socialista, se non fosse stato per la paura di andare precipitosamente al voto da parte di alcuni senatori Conte avrebbe rischiato di fallire anche la maggioranza relativa.

Conte lo sa benissimo tanto che poco dopo il voto con un tweet ha annunciato: «Il governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza. L’Italia non ha un minuto da perdere. Subito al lavoro per superare l’emergenza sanitaria e la crisi economica. Priorità a piano vaccini, Recovery Plan e dl ristori». Insomma, da oggi a Palazzo Chigi, forte di un governo che comunque ha la maggioranza, lavorerà per allargare la maggioranza convincendo altri ad aderire. Appunto, ecco la «nuttata» che deve passare ma che non è detto che passi senza problemi per Conte.

Matteo Renzi

Il primo di questi è Matteo Renzi. Il grande sfidante ieri non ha ottenuto lo scalpo del premier ma la sua è tutt’altro che una sconfitta, sia perché è riuscito a tenere unito il gruppo e sia perché con numeri alla mano ha dimostrato di poter tenere in scacco il governo. E non è un caso che ieri subito dopo dagli studi di Porta a Porta abbia annunciato il passaggio all’opposizione: «Mi sembra evidente che da oggi saremo opposizione. Il presidente del Consiglio ha scelto di costituire un’altra maggioranza, non ci vuole con sé». Ed ha già indicato il prossimo bersaglio: «La prossima settimana voteremo contro la relazione del ministro Bonafede sulla giustizia».

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Tutto quindi lascia presupporre che la «nuttata» di Conte sarà lunga e incerta anche se poi è da vedere se tutti seguiranno Renzi su questa linea, visto che già Eugenio Comincini, senatore di Iv, spiega: «Per impedire che il piano inclinato ci porti al voto, se non si realizzasse una ricucitura, io non mi collocherei all’opposizione».

In questa nottata per il momento rimane in silenzio il Capo dello Stato Mattarella, che osserva, registra ma non parla. L’Agi ieri precisava che per il Colle un conto è il dato numerico, e cioè che il governo abbia una maggioranza, altro è il tema politico che non può riguardare il Quirinale ma attiene alla maggioranza. Spetterà ai partiti che sostengono il governo fare chiarezza sul piano politico e una volta trovata la quadra riferire a Mattarella. Ecco, perché non si esclude che a breve Conte possa salire al Colle.

Qualcuno dice anche oggi in giornata, ma è più probabile domani visto che oggi dovrà essere votato dal Parlamento l’ennesimo scostamento di bilancio. Inoltre sempre nella mattinata di oggi dovrebbe esserci un vertice di maggioranza. Al termine di questi appuntamenti Conte, fatte le dovute riflessioni, potrebbe conferire con il presidente Mattarella per dare un quadro della situazione.

Nel frattempo, ed è la speranza che si respira a Chigi, è che si palesi qualche altro volenteroso aumentando la pattuglia dei sostenitori del governo.

A Mattarella però nel frattempo guardano anche nel centrodestra. Giorgia Meloni indicando il Colle più alto dice di attendere di «sapere dal Presidente della Repubblica se ritenga che in queste condizioni Conte possa andare avanti» e questo perché «le chiacchiere stanno a zero e i numeri parlano chiaro: il governo ha chiesto al Senato la fiducia e non ha ottenuto, nonostante il voto favorevole dei senatori a vita, né la maggioranza assoluta, né la maggioranza dei presenti. Altri governi in condizioni simili sono stati costretti alle dimissioni».

Meloni, Salvini, Tajani

Non da meno Matteo Salvini che dice: «Ci rivolgeremo a Mattarella. C’è un governo che non ha la maggioranza al Senato e sta in piedi con chi cambia casacca». E infine anche da Forza Italia, che però deve fare la conta del terzo ribelle espulso, con Antonio Tajani spiega che «Forza Italia chiede al Capo dello Stato un incontro per valutare la situazione che si è venuta a creare».

Insomma, sul governo è davvero calata la notte. Ora tocca capire quando «ha da passà».

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