Conte firma il nuovo Dpcm. Aperti ristoranti, palestre e piscine. E per il coprifuoco toccherà ai sindaci decidere

Nemmeno una settimana, tanto è durato l’ultimo Dpcm varato dal governo, che il premier Giuseppe Conte è stato costretto ad annunciare un nuovo provvedimento. Avevamo quasi perso l’abitudine a quelle conferenze stampa annunciate e poi progressivamente rinviate di ora in ora fino ad arrivare a tarda sera. E così alla fine ieri alle 21.30 Giuseppe Conte è intervenuto via social e via tv per spiegare le nuove misure decise dal governo.

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I servizi di ristorazione rimarranno aperti fino alle 24, senza servizio ai tavoli fino alle 18. Stabilito anche il limite ai tavoli di sole 6 persone. Garantita la consegna a domicilio così come l’asporto sempre fino alle 24.

Rimangono aperte le palestre e le piscine ma con l’obbligo di adempiere alle prescrizioni in una settimana pena la chiusura. Continua lo sport dilettantistico di contatto ma niente partitelle. Invece per le fiere e le sagre, così come per i convegni e i congressi tutto vietato.

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Sul fronte trasporti confermato il limite all’utilizzo dell’80 per cento ma con la possibilità di fare ricorso ai bus turistici. Tutto normale per la scuola che continua ad andare avanti senza alcuna limitazione. Raccomandato, però, il ricorso a una rimodulazione degli orari per superiori e università; e per questa laddove possibile la didattica a distanza. Infine, per il pubblico impegno Conte annuncia un provvedimento del ministro Dadone al fine di incrementare il ricorso allo smart working.

Alla fine, quindi, troppa la preoccupazione per una curva dei contagi salita in maniera così pericolosa che ha spinto, come detto, a varare un nuovo Dpcm senza neanche attendere quali effetti avrebbe prodotto quello della scorsa settimana. Un Dpcm frutto di un lavoro duro e delicato che ha impegnato premier, ministri e capi dei partiti di maggioranza per tutto il week end con continue riunioni che hanno coinvolto anche gli esperti del Cts e le Regioni stesse.

Nel governo due linee: il Pd per misure drastiche, Iv e M5S per un equilibrio tra tutela della salute e dell’economia

Dario Franceschini Dl Scuola
Dario Franceschini

A conferma del momento delicato e della preoccupazione vissuta a tutti i livelli. Due le linee che si sono confrontate e scontrate. Da un lato il Pd, leggi Franceschini, per la linea dura. Non a caso proprio il ministro e capo delegazione del Pd aveva chiesto a Conte venerdì una riunione d’emergenza per dettare nuove regole visto l’allargarsi a macchia d’olio del contagio. A sostenere questa linea anche il ministro della Salute Roberto Speranza, anch’egli preoccupato che la situazione possa sfuggire di mano, ma quel che è peggio di essere costretti da qui a una settimana a dover decidere per il lockdown. Quindi meglio intervenire subito con decisione.

Prevalsa linea moderata. Conte: Italia non può permettersi altro lockdown

Dall’altro lato chi come Italia Viva e anche il M5S più prudenti e soprattutto più sensibili al grido di dolore che giunge dai vari settori dell’economia e delle categorie produttive che, anche se spaventate dall’epidemia, chiedono gradualità e decisioni che tengano in considerazione anche le ricadute in termini economici. Non una novità, un po’ il leit motive di tutta questa pandemia: trovare il giusto equilibrio tra tutela della salute e tenuta del sistema economico. Alla fine è prevalsa la linea moderata, che poi è quella che da primo momento il premier Conte ha sostenuto convinto che l’Italia non possa permettersi un nuovo lockdown.

E in tutto questo bailamme quello che risalta, nuovamente, è il ruolo marginale nel quale viene relegata l’opposizione a cui viene destinato il personaggio di semplice spettatore in questa vicenda. Infatti, anche nel caso di questo nuovo Dpcm le opposizioni sono rimaste a guardare, non consultate come forse sarebbe stato opportuno in un momento talmente delicato.

Meloni e Salvini attaccano Conte: «Collaborazione non è una telefonata di tre minuti»

E se Conte nel corso della sua conferenza stampa dice di aver «avvertito anche i capi dell’opposizione sul Dpcm, e andrò in Parlamento appena possibile, credo martedì-mercoledì», Giorgia Meloni e Matteo Salvini protestano con vigore spiegando che «Le telefonate a tre minuti dalle conferenze stampa non significano collaborare». Anzi da Salvini, Meloni e Berlusconi giunge una formale lettera in cui si denuncia «il governo continua a non coinvolgere l’opposizione nelle sue decisioni. Un’opposizione che governa 14 Regioni su 20 e rappresenta la maggioranza degli italiani».

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Lettera di protesta di Salvini, Meloni e Berlusconi al premier Conte

Meloni-Berlusconi-Salvini Centrodestra
Meloni, Berlusconi e Salvini

«Non si può definire “coinvolgimento” una telefonata con la quale si preannunciava una conferenza stampa già fissata. Il centrodestra ripete con forza che sono necessarie oggi più che mai chiarezza e concretezza, che è necessario che il governo si faccia carico dei danni che saranno subiti dalle imprese. Ribadiamo la disponibilità a collaborare con il governo nell’interesse dei cittadini: questo non è certo il momento della superficialità e della fuga dalle responsabilità».

Parole dure che preannunciano un nuovo scontro in Parlamento quando il governo si presenterà per spiegare il Dpcm. Questo dovrebbe essere tra martedì e mercoledì, come ha annunciato in conferenza stampa Conte, anche se per la prossima settimana non sono previsti lavori di aula in Senato mentre la Camera, alle prese con il problema dei contagi che hanno colpito ben tre capigruppo dell’opposizione, è a ranghi ridotti. Si vedrà, certamente il clima che si preannuncia sarà comunque infuocato.

Giuseppe Conte

Ma voci critiche si levano anche dalla stessa maggioranza in particolare riguardo le parole che Conte ha riservato sul Mes, esplicitamente richiamato in una domanda dei cronisti durante la conferenza stampa. Il premier Conte ha infatti spiegato che il Mes «non è la panacea come viene rappresentato. I soldi del Mes sono prestiti, non possono finanziare spese aggiuntive, si possono coprire spese già fatte in cambio di un risparmio d’interessi. Vista la nostra situazione economica che è positiva, anche il vantaggio in termini di interesse diventa molto contenuto. Se avremo fabbisogni di cassa, sicuramente dobbiamo considerare anche il Mes, ma se non accade prendere il Mes non ha senso».

Parola che sono subito sembrate una chiusura al Mes e che hanno scatenato la reazione in particolare di Italia Viva. Ettore Rosato, vicepresidente della Camera ma soprattutto presidente di Iv, si è detto «sbalordito dalla banalità e demagogia di Conte». E pure Forza Italia non è tenera con il premier Conte. Infatti, il capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini attacca dicendo che «Conte si arrampica sugli specchi pur di non ammettere che le risorse del Mes sono indispensabili per mettere in sicurezza il nostro sistema sanitario».

Ma a creare polemica è anche l’annuncio di Conte laddove nel Dpcm sarà data facoltà ai sindaci di «disporre la chiusura al pubblico dopo le ore 21 di vie e piazze dove ci saranno assembramenti». Un’ipotesi che a molti è suonata come il tentativo di scaricare proprio sui sindaci l’onore dei ‘coprifuoco’. E così il capo dell’Anci, Antonio Decaro, punta il dito contro il governo che inserisce «in un Dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica. Questo non lo accettiamo».

Ora toccherà vedere se queste misure incideranno positivamente sulla curva dei contagi, riducendo la pressione verso l’alto registrata negli ultimi giorni. Altrimenti la prospettiva è quella di un nuovo lockdown, ciò che Conte e buona parte della sua maggioranza vorrebbero evitare, anche perché come ha ripetuto nelle numerose riunioni tenute in questi due giorni «il sistema sanitario e le terapie intensive sono stati rafforzati e stanno reggendo» e inoltre «non siamo nella situazione di marzo». Ma ciononostante la guardia va tenuta molto alta.

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