Le contraddizioni del Favoliere. Blatera di centralità del Parlamento, ma va avanti ‘in solitaria’. I ‘giallorotti’ si arrabbiano? Poco male, si calmeranno, quando servirà! A differenza dell’assalto giudiziario e degli ‘afacionados’ sinistri e pentastellati alla Lega, non tutte le prime pagine dei giornaloni si sono accorte che Conte è indagato a Trento per i disastri della pandemia; e Mattarella ha firmato il decreto ‘Semplificazioni’, ma ha dovuto turarsi il naso, perché contiene troppe norme «incongruenti» e «non attinenti» e ha annunciato che non ne firmerà più di simili. Peccato lo abbia già “gridato” in altre occasioni e poi..
…E poi, le “Linee Guida” – messe a punto dal(l’ennesimo) Comitato Interministeriale per gli Affari Europei – per la stesura del ‘Piano Nazionale di ripresa e resilienza’ per le risorse del ‘recovery fund’. Forse vale la pena di approfondirle un po’. Soprattutto, in ottica meridionale e per le enormi aspettative suscitate. Con ordine.
La prima cosa che traspare da quelle pagine è il metodo di Conte, il favoliere delle Puglie: tutto ciò che funziona – anche se eredità del Sacro Romano Impero – è merito di Giuseppi, ma tutto quella che va male, per l’inadeguatezza del governo giallorotto e del premier (indovinate chi?…) è demerito degli altri.
«Nel piano Ue per ora solo idee» è stato scritto. Magari! In quelle 29 cartelle di ‘contesti’, ‘Missioni’ e ‘Obiettivi’ più che idee, ci sono slogan. Già, dimenticavo, in tempi di campagna elettorale fanno bene al ‘consenso’. Ma è stato detto anche «Fondi Covid il piano italiano promette la svolta Sud». Sarà, ma in quei fogli si fatica ad accorgersene.
Del Sud, infatti, si trova traccia solo: al 13° punto di pagina 2 (Il contesto) perché «il divario Nord-Sud in termini di Pil, occupazione e BES si è aggravato», ditelo che non ve n’eravate accorti; a pag. 11 «Rivoluzione verde e transizione ecologica« dove, al nono posto fra i dieci obiettivi – quando si dice prioritario – si parla di «Sostegno alla transizione ecologica per l’agricoltura, l’industria e la siderurgia (Taranto)».
E ancora a pag. 13 (Infrastrutture per la mobilità) si annuncia «un piano di sviluppo integrato, sostenibile e interconnesso, per un Paese più competitivo, equo e vivibile riducendo il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno» e a pag. 15 Missioni: al 2° punto del «contesto di riferimento» si sottolinea che: «Permangono forti disparità a livello territoriale, a partire dal divario persistente tra Nord e Sud» e neanche di questo vi eravate accorti, vero? Ed ecco la pensata: «Attuazione del Piano Sud 2030 e della strategia Nazionale delle Aree Interne» (quindi non solo Sud).
Attuazione, però, che non sembra così tanto sicura considerato l’assalto alla diligenza già scatenatosi fra i vari ministeri (solo 3: Sviluppo Economico; Salute e Infrastrutture, hanno già presentato progetti per oltre 300miliardi, il 64% in più dei 191 al momento disponibili. Alla faccia del 50% del totale delle risorse che ‘lorsignori’ a chiacchiere ancora promettono al Mezzogiorno. Del resto, promettere al Sud e spendere al Nord, è la normalità italiana. Provenzano batti un colpo. Ma non a chiacchiere.
Quelle cartelle, però, chiariscono qualcuno di quei dubbi che ‘lorsignori’ continuano a nascondere. I fondi recovery per noi, al momento, non sono 209mld (87 a fondo perduto e 122 in prestito) bensì 191,3 (63,7 di sussidi e 127,6 di prestiti). Certo, i 63,7mld, indicati come sussidi, è calcolata, per l’intero periodo, ma sulla base dei dati attualmente disponibili e potrebbe crescere se crescesse il Pil 2020-2021.
E sempre alla stessa pagina si legge che – dal punto di vista contabile, i sussidi previsti non dovrebbero costituire maggior deficit e debito lordo della PA, ma il condizionale fa pensare qualcuno, strada facendo, potrebbe anche cambiare le carte in tavola. Non sarebbe la prima volta e neanche l’ultima. Infine, c’è anche un problema di tempi. La presentazione dei progetti prevista per il 15 ottobre, è stata rinviata a gennaio 2021 e le prime risorse del recovery le vedremo, forse, non prima dell’autunno.
A quel punto, potrebbe essere tardi per cui, per evitare il fallimento, non ci resterebbe che ricorrere all’attivazione dei 36 mld del Mes o Fondo Salva Stati. Operazione non priva di incognite. «Come erat in votis» degli euroeuforici italiani che da tempo provano a farcelo ingoiare.
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