Professore, quando abbiamo pubblicato il primo comunicato che il suo ufficio stampa ci ha inviato, un lettore ha commentato «Un quotidiano del Sud che da voce alla lega Nord. Poi dici che al sud siamo sottomessi al nord..». Noi non rispondiamo ai commenti, ma a questo mi piacerebbe rispondesse direttamente lei.
E’ la narrazione tipica delle sinistre, di chi vorrebbe imporre il pensiero unico e non comprende invece che l’Italia vince tutta unita, da Nord a Sud. Chi dissente dal mainstream subisce il linciaggio pubblico. Si tratta di una pericolosissima deriva liberticida, che minaccia la nostra democrazia e la libertà di espressione.
Prima del Covid-19 il risultato delle elezioni regionali apparivano decisamente favorevoli al centrodestra, poi è arrivato il virus e le cose sono sembrate cambiare a favore di De Luca, pensa sia ancora così, nonostante lo scandalo dei tre ospedali covid center e le strutture di Caserta e Salerno mai entrate in funzione?
Non è proprio così. Vorrei ricordare che proprio di recente, in una classifica di gradimento dei governatori delle regioni italiane, De Luca era solo undicesimo con un podio tutto leghista. Un segnale importante che la dice lunga sull’operato dello sceriffo nella Regione. Nella triste vicenda del Coronavirus, certamente la Campania ha vissuto un periodo mai visto prima che ha aggravato le criticità già in atto, in particolare sul fronte dell’occupazione con 320mila posti di lavoro a rischio. La cosa peggiore in assoluto è stato il Pd che si è inginocchiato allo sconclusionato decisionismo di un signore che dopo avere ‘suicidato’ la sanità pubblica in tutta la regione, ha nicchiato e non poco nella gestione post emergenza.
Le imprese campane sono state lasciate nella totale incertezza senza un vero e serio difensore della nostra terra contro un governo scellerato e lontano dai problemi reali. Una cassa integrazione in deroga che a luglio doveva ancora arrivare per circa oltre un milione di lavoratori, con famiglie in grande difficoltà e altrettante aziende rassegnate a una politica assistenzialista senza sbocchi e senza aiuto per la ripartenza.
Ecco, davanti a questo scenario, penso che le elezioni regionali possano davvero rappresentare l’occasione giusta per liberare la Campania da questa cappa che la soffoca da troppi anni ormai, e che il centrodestra con la Lega potrà finalmente affermarsi. Naturalmente bisogna spiegare ai campani qual è il progetto di rilancio per la loro terra ma sono convinto che i cittadini ci premieranno.
Quale assessore al lavoro della giunta Caldoro, lei ha promosso e sottoscritto la legge per l’occupazione in Campania, cosa ne è derivato e cosa n’è rimasto dopo la parentesi della giunta De Luca?
Per la verità non ho dato vita soltanto ad un piano per il lavoro, peraltro il primo e unico nella storia della nostra regione, ma anche ad un serie di progetti articolati, ispirati all’idea che le politiche del lavoro e della formazione devono camminare insieme per creare stabile e buona occupazione. Parlo della legge regionale sull’apprendistato e quella sulla sicurezza del lavoro, delle botteghe scuola e dei maestri artigiani. Col finanziamento del micro credito abbiamo fatto partire circa 6.000 nuove aziende di giovani, mentre con le misure di rimpiego nelle aree di crisi abbiamo garantito sostegno al reddito per gli espulsi dal mercato del lavoro e avviato percorsi di ricollocazione.
E poi vorrei ricordare la costituzione dei centri di competenza e dei poli tecnico-professionali nei settori nevralgici della nostra economia regionale: uno strumento che è partito dalla Campania ed è stato poi adottato in molte altre regioni. Infine mi permetta di sottolineare che Garanzia Giovani, durante la mia gestione, ha consentito di dar vita ad oltre 85.000 tirocini, molti dei quali diventati rapporti di lavoro stabili. Purtroppo, questa è la vera responsabilità di De Luca: aver interrotto il percorso di modernizzazione delle politiche del lavoro della Campania è stato smantellato senza alcuna ragione. Col risultato che, oggi, la Campania è, per la prima volta nella nostra storia, ultima per i livelli d’occupazione addirittura a livello europeo.
Non era mai successo, neppure ai tempi del peggior Bassolino. Direi che c’è poco da aggiungere.
Dipendesse da lei, cosa salverebbe (se c’è qualcosa da salvare) e cosa cancellerebbe della presidenza De Luca?
Cosa cancellerei a parte De Luca? (ride ndr) Le balle di De Luca. Sulla Terra dei Fuochi, quando ha promesso di risolvere il problema entro un anno, sui bonus fantasma ai medici eroi, sul sostegno ai fitti, al turismo, le assunzioni nella sanità, sebbene ci siano graduatorie attive da scorrere. Risultato? 300mila campani a rischio povertà.
La gente è stanca vuole risposte serie. Serve una sanità pubblica all’altezza dei cittadini, attraverso anche la riapertura di importanti ospedali e pronti soccorso chiusi che gettano nel panico chi ha bisogno di assistenza, investire soldi per far funzionare le strutture esistenti e non certo per costruire prefabbricati. E’ così che si governa una regione, con i fatti, non con slogan e proclami.
In ogni caso, la crisi occupazionale nella nostra regione – come nel resto del Sud – permane, anzi si è fatta ancora più pesante. Certo per il lockdown, ma anche per i ritardi e gli errori della politica nazionale e regionale, nel mettere a punto e nell’attuare le contromosse necessarie per combattere la pandemia.
Purtroppo l’elemento che accomuna le politiche regionali e governative è proprio l’assenza di progettualità che emerge prepotente e lascia forse più macerie di quante non ne semini una emergenza. Le crisi industriali irrisolte, Whirlpool in primis, sono una batosta per il nostro territorio. L’ultimo rapporto regionale di Confidustria parla chiaro: un’impresa su quattro rischia il fallimento. Altro che bonus una tantum, oltretutto distribuiti a macchia di leopardo, ci vuole un bazooka per salvare economia e posti di lavoro. Noi chiediamo la sospensione delle imposte e l’utilizzo delle risorse europee per abbattere costo del lavoro e creare occupazione. Perché dare prestiti genera debito e mette ancora più in ginocchio chi quei soldi deve restituirli.
A nulla vale foraggiare per un mesetto i conti correnti di alcuni cittadini che hanno perso il lavoro o le partite iva, se non li si mette nella condizione di tornare alla propria occupazione o trovarne una. Cominciamo a tirar fuori dal cilindro non slogan ma soluzioni, pensiamo a misure a lungo termine e non misure a corto raggio con effetto placebo. Cominciamo a sostituire l’approccio emergenziale con una programmazione seria, lungimirante, che guardi al domani. Perché ciò che si costruisca oggi resista al tempo, occorre visione, coraggio e capacità d’azione.
Cosa occorre alla Campania per uscire dalla crisi? Anche in considerazione del fatto che la nostra è la regione europea a più alto tasso, 53,6%, di popolazione a rischio povertà ed esclusione sociale, con un enorme crescita rispetto al 2017 46,3%
Abbiamo attraversato un momento inedito e complesso, che ci ha travolto e davanti a cui i campani hanno dimostrato di essere un popolo molto responsabile. Secondo i recenti dati Istat, crescono ancora le disuguaglianze tra Nord e Sud, accelerate dall’impatto dell’emergenza Covid-19. Era prevedibile, dal momento che il Sud è uscito dall’agenda politica dell’esecutivo e ora, per l’immobilismo del governo, rischia di sprofondare in una crisi senza precedenti. Che esista ancora una Questione Meridionale è una cosa di cui vergognarsi, che non si mettano in campo misure necessarie per creare le condizioni per il riscatto è vergognoso e controproducente.
Se il Sud non cresce, non torna a crescere neanche il Paese. In Campania, per far ripartire il mercato del lavoro non occorrono incentivi e sussidi che finiscono nelle maglie della burocrazia ma una fiscalità di vantaggio in grado di attrarre investitori, quegli stessi che la politica deluchiana di questi anni, purtroppo, ha invece contribuito a fare scappare. Servono strumenti per sostenere le imprese e i lavoratori, misure per garantire servizi ai cittadini uguali che nel resto del Paese, regole più semplici per disboscare una burocrazia asfissiante, e soprattutto meccanismi per ridurre tasse e costo del lavoro. Oggi siamo sotto il 30 per cento di fondi europei spesi dalla Regione, mentre quando ero assessore eravamo al 110 per cento. Ecco, ripartiamo da qua.
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