Decreto Rilancio, all’inferno con vista sul manicomio

Più che in Paradiso, il ‘decreto Rilancio‘ – nonostante i 55 miliardi annunciati – ci porterà all’inferno e con i paletti della riapertura consentirà anche di dare uno sguardo al manicomio. Non tanto per il tempo impiegato a partorirlo o perché 6 giorni dopo il «si» nessuno sa dove sia. In realtà, poiché sbagliato, hanno deciso di riscriverlo. Cose normali per un esecutivo tutto «chiacchiere e distintivo» come il Giuseppi-bis.

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In verità, l’unica novità del provvedimento, per dirla ‘Grilloscamente’, è l’«elevazione» del 16 settembre a ‘tax day’, giorno dedicato al pagamento di tutte le pendenze fiscali rinviate dall’inizio della pandemia. Quel mercoledì (a proposito perché proprio quella data? Boh!!!) gli italiani dovranno versare: ritenute, Iva, contributi Inps e Inail, cartelle, rate della rottamazione ter, del saldo e stralcio.

La compagnia di giro, giallorotta (e quanto!!!), si è chiesta dove aziende, lavoratori autonomi e professionisti – con le casse vuote a causa di virus e lockdown – troveranno le risorse per soddisfare tutte insieme le pretese – ai limiti dell’estorsione – del fisco, nei loro confronti? Per altro, sommandosi saranno diventate un macigno. Il che rischia davvero di ridurre il Paese all’elemosina.

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Del resto cosa ci si poteva attendere da partiti, come Pd e 5stelle, che hanno trasformato assistenzialismo e decrescita (in)felice in mantra sui quali fondare il proprio successo? Non a caso, hanno deciso che le aziende, per avere diritto a qualche migliaio di euro a fondo perduto, dovranno aver registrato un enorme crollo di fatturato (almeno due terzi) rispetto all’anno scorso. In pratica dovrebbe essere al fallimento.

Per fortuna, vistosi scoperti con le mani affondate nel barattolo della marmellata, hanno avuto un sussulto di dignità e cancellato l’ignominia – visto il momento di crisi economica del Paese, da loro stessi prodotta in questi 3 mesi di emergenza sanitaria – dell’art. 133 (nella bozza di decreto fino al giorno prima dell’approvazione), con il quale avevano deciso di anticipare ai partiti, al 31 agosto – ben prima della fine dell’anno – a titolo d’acconto sulla destinazione volontaria del 2 per mille dell’Irpef 2020 a loro spettante «una somma pari all’acconto erogato nell’anno 2019». Non so quale ‘manina’ l’avesse inserita, ma il campione d’incasso, 8,4 milioni, sarebbe stato il partito del Ministro delle Finanze, Gualtieri.

More solito, pur senza citarlo neanche una volta nelle 500 pagine del decreto, ‘lorsignori’ hanno provveduto a scippare al Sud i fondi europei di sua pertinenza, per destinarli al Nord. E meno male che questo esecutivo è al 30% composto da meridionali a cominciare dal premier Conte, il ministro degli esteri Di Maio e quello del Mezzogiorno, Provenzano. Se non lo difendono i meridionali chi dovrebbe difenderlo?

E da lunedì si è riaperto. Ma senza soldi, tra distanziamenti sociali, incomprensibili e imprecisati, mascherine, guanti e paletti vari, aiuti che non arrivano, stipendi, bollette e imposte, comunque, da pagare, il rischio è che il 60% (ad essere ottimisti) di imprese ed esercizi commerciali non riaprano, disoccupazione e povertà esplodano. Tant’è che, consapevole di questo, De Luca, ha deciso di rinviare l’apertura dei ristoranti in Campania a giovedì 21, in maniera d’avere il tempo di dare senso, misura e funzionalità – per la sicurezza degli utenti e delle aziende – al distanziamento personale: 1 metro da spalla a spalla e plexiglass fra i tavoli.

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Dando spazio, per una volta,  al buon senso e riducendo, a giusta ragione, quello a disposizione dei ‘saggi’ dei cts e dei virologi ‘star’ che – oltre le misure di distanziamento, chiuderci in casa e invitarci a lavare le mani – in questi tre mesi, non sono stati capaci di consigliarci altro. Ma continuano a far crescere – grazie alle ospitate televisive retribuite (qualcuno si è addirittura dotato di un agente per trattare il compenso) durante le quali non vanno oltre i presagi di sventure future – i propri conti correnti.

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