Conte avvia una nuova fase politica, ma rischia di restarne fuori

«Signor presidente, siamo a un bivio. Se lei sceglierà la strada del populismo non avrà al fianco Italia Viva. Se lei sceglierà la strada della politica la aspetteremo là». Matteo Renzi lo avevamo lasciato prima della pandemia con un ultimatum al ministro Bonafede; adesso al termine della Fase 1 lo ritroviamo nuovamente alle prese con un ultimatum ma stavolta il destinatario è il premier Conte.

Renzi: «Conte accetti di lavorare sui temi concordati»

Parole che poi ha ribadito e reso ancora più esplicite in serata a Porta a Porta: «Se il premier accetterà di lavorare sui temi che abbiamo detto per me non c’è problema, si vedrà nei prossimi mesi. Se la gente non vede arrivare soldi è evidente che la fase 2 non parte e che noi non possiamo stare in maggioranza».

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Dire che l’informativa di Conte di ieri segni in questo momento politico uno spartiacque o quanto meno l’avvio di una nuova fase politica, non è né troppo né un azzardo. Da giorni la politica italiana sta registrando una vitalità che in questi due mesi di lockdown avevamo dimenticato.

Meloni: «Noi siamo il Parlamento della Repubblica»

Una richiesta di centralità che è giunta anche dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che alla Camera con «determinazione e pacatezza» ha detto che «la misura è colma. Noi siamo il Parlamento della Repubblica e nulla può accadere riguardo i diritti dei cittadini italiani senza che venga discusso e votato da questo Parlamento».

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La politica quindi punta a voltare pagina, e riappropriarsi di quegli spazi che ha abbandonato con l’arrivo dell’epidemia. Giocando un ruolo decisivo in un momento in cui, come ha spiegato Renzi a Porta a Porta, «c’è una ricostruzione da fare che è devastante, che richiederà molta politica, visione, scelte coraggiose».

Sia chiaro non siamo nell’imminenza di una crisi di governo, ma gli scenari stanno mutando con grandissima velocità e questo non esclude che se i tanti annunci di Conte non si saranno tradotti in risorse per famiglie, lavoratori e imprese il quadro politico potrebbe trovare un nuovo equilibrio.

Quello che per il momento tiene insieme il tutto è la debolezza del governo, della maggioranza e dello stesso centrodestra. Tre debolezze che insieme si tengono cristallizzando la situazione. Fino a che l’equilibrio, debole, non salti.

E naturalmente perché questo accada ci sono diversi passaggi che devono consumarsi. Sia nel centrosinistra e sia nel centrodestra. Berlusconi da tempo ha iniziato a battere una strada che lo porta lontano dal duo Salvini-Meloni e che lo sta conducendo verso il centro e, chissà, forse verso Matteo Renzi.

Non è casuale che in apertura del suo intervento l’ex sindaco di Firenze abbia citato all’abdicazione della politica dinanzi alla magistratura nel biennio 92-93. Parole che sono musica per le orecchie dei berlusconiani. Così anche la sintonia che si è creata tra i due partiti su un tema delicato quale il Mes, e poi la critica ai sovranisti del Nord Europa, confermano che tra Italia Viva al momento ci sono più cose che uniscono anziché dividere.

Attiva ma ferma nella sua opposizione nazionale è Giorgia Meloni, che dal 4 per cento delle politiche del 2018 ha lanciato il partito alle vette del 13 per cento, come confermano gli ultimi sondaggi. E proprio la sua coerenza, quella di un partito che non accetta scorciatoie per il governo e nemmeno accordi di unità nazionale, sta pagando.

A pagare in termini di consensi in questo momento, invece, è la Lega di Matteo Salvini che dall’inizio dell’epidemia è data dai sondaggisti in calo. L’effetto di una difficoltà di adattare il messaggio, che finora con i migranti aveva funzionato benissimo, alla crisi sanitaria ed economica del Covid-19. L’occupazione del Parlamento è il tentativo di focalizzare attenzione su di se, soprattutto dopo la riuscita manifestazione di FdI sotto Palazzo Chigi. Dall’altro lato però Salvini precisa che «stiamo preparando il piano nazionale per la riapertura e la ricostruzione e dobbiamo chiudere», con il chiaro intento che la sua non è soltanto una politica fatta di protesta ma anche di concretezza.

Il gran ballo della politica è quindi ripartito. Si vedrà a giugno, forse alla fine, quando anche la partita europea se si saranno determinati nuovi equilibri. E dipenderà soprattutto se le misure del governo riusciranno a frenare l’altra grave epidemia, quella economica. Di certo il fatto che il decreto Aprile sia slittato a maggio non è un buon segno. A conferma della enorme debolezza di questo governo.

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