La natura come rifugio e come minaccia per la nostra normalità
La libertà fa scandalo solo quando non è la nostra. In un Paese che si proclama moderno e tollerante, basta una capanna nel bosco per far tremare i polsi della civiltà. Una famiglia sceglie di vivere lontano dall’asfalto e subito si attiva la macchina del sospetto: niente servizi, niente comodità, quindi devianza, inciviltà, forse addirittura pericolo. Non conta se i figli stanno bene, se vivono in armonia con la natura, se magari imparano più dal vento che da un registro elettronico: conta che la loro vita non assomiglia alla nostra. E questo, oggi, sembra già sufficiente per far scattare l’allarme.
La verità è che la società urbana mal sopporta chi devia dal percorso prestabilito. Il bosco diventa minaccia perché ci ricorda che un’alternativa esiste. In un tempo in cui tutti proclamano libertà ma pretendono conformismo, la famiglia che sceglie il verde invece del cemento diventa bersaglio, epitome del sospetto collettivo. Non li si giudica per ciò che fanno, ma per ciò che rappresentano: un rifiuto implicito dell’ordine dominante, del comfort elevato a credo, dell’igiene trasformata in religione. E allora scatta la punizione: togliere i figli, «verificare», controllare. Perché l’autonomia fa più paura della miseria.
Un modello diverso
Il paradosso è evidente: viviamo immersi in inquinamento, precarietà, ansia sociale, ma ci indigniamo davanti a chi tenta una fuga dal modello che ci consuma. Difendiamo la natura nelle piazze e la temiamo quando qualcuno decide di abitarla. Siamo pronti a venerare il bosco nelle pubblicità della domenica, purché resti lontano, addomesticato, decorativo. Non deve diventare stile di vita, non deve smascherare il vuoto delle nostre certezze.
In fondo questa non è la storia di una famiglia, ma il ritratto di un Paese che tollera tutto tranne la diversità autentica. L’igiene diventa alibi, la tutela dei bambini scudo retorico, la legge strumento per riportare le pecore smarrite nell’ovile urbano. Non stiamo proteggendo nessuno: stiamo difendendo noi stessi dall’idea che esista un modo diverso magari perfino migliore di abitare il mondo. La domanda è semplice: siamo davvero così civili, se ci spaventa così tanto chi decide di vivere libero?



