Manifesto choc a Castellammare di Stabia: Meloni ritratta a testa in giù

Il Carc rivendica il manifesto della vergogna

Un gesto che calpesta i principi della democrazia e del rispetto istituzionale. È quanto accaduto a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, dove è apparso un manifesto raffigurante la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a testa in giù. L’immagine, che richiama una delle pagine più buie della storia italiana, ha suscitato, e non poteva essere altrimenti, una valanga di indignazione.

Raffigurare in quel modo una figura politica democraticamente eletta è un atto che va oltre la critica politica: diventa un insulto alla libertà, al confronto civile e istiga alla violenza. La satira e il dissenso, quando degenerano in simboli di violenza, smettono di essere strumenti di partecipazione e si trasformano in attacchi alla democrazia stessa. È doveroso prendere le distanze da un gesto tanto vergognoso, che non trova giustificazione in alcuna forma di protesta.

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A rendere ancora più grave la vicenda è stata la rivendicazione da parte del Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo). L’organizzazione non solo ha confermato di essere l’autrice del manifesto, ma ha anche rincarato la dose con altre gravi dichiarazioni, pubblicate sul proprio sito, e rivolte anche ai colleghi di StabiaChannel, che avevano denunciato pubblicamente l’accaduto.

Il Carc rivendica e difende l’affissione

Nel comunicato pubblicato online, il Carc ha sostenuto che l’immagine «è divisiva e shoccante solo per i fascisti o per chi vuole cancellare la storia del movimento operaio e comunista del nostro Paese». Secondo il gruppo, «l’immagine di Mussolini a testa in giù non è controversa: rappresenta la liberazione del nostro Paese dal nazifascismo».

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Il movimento ha poi aggiunto: «Come allora, il nostro Paese deve essere liberato dai guerrafondai, dai complici del genocidio in corso a Gaza e dai nemici dei lavoratori incarnati dal governo Meloni». Parole che aggravano ulteriormente la gravità del gesto, perché tentano di giustificare una rappresentazione offensiva e violenta nei confronti della presidente del Consiglio e delle istituzioni democratiche che rappresenta.

Nel comunicato, il Carc ha inoltre affermato che «l’opposizione popolare al governo Meloni è la maggioranza nel Paese», citando gli scioperi e le manifestazioni di settembre e ottobre, e concludendo: «Non un uomo, non un metro, non un soldo per la loro guerra! Chiamiamo chiunque voglia organizzarsi e mobilitarsi su questa strada».

Sia il manifesto sia le parole usate per rivendicarlo sono da condannare con fermezza: non solo offendono la figura della premier, ma rappresentano un attacco simbolico ai valori democratici e al rispetto politico che dovrebbero unire ogni comunità civile.

Fratelli d’Italia: «Atto inaccettabile e antidemocratico»

Durissima la reazione di Fratelli d’Italia di Castellammare di Stabia, che in una nota ha definito l’episodio «assolutamente inaccettabile». «Il manifesto raffigurante il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a testa in giù, apparso nella giornata di oggi nel rione Annunziatella, è inaccettabile. In basso al manifesto il logo Carc, nel quale appare il simbolo della falce e del martello», scrive il circolo cittadino.

FdI accusa il movimento comunista di essere «protagonista di condotte antagoniste e verbalmente violente, dalle quali la sinistra stabiese non ha mai preso le distanze». E aggiunge: «Questo gravissimo episodio è solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi verbali e figurativamente violenti consumatisi in città contro il Governo, la Destra e chiunque non la pensi come siffatti signori».

Il partito denuncia il rischio che «questo linguaggio e queste raffigurazioni di odio politico feroce e antidemocratico minino i valori della Costituzione».

Il sindaco Vicinanza: «Una vergogna, non è confronto democratico»

Il primo cittadino di Castellammare, Luigi Vicinanza, ha condannato l’accaduto: «Una cosa sono le idee, le posizioni politiche e il confronto democratico; un’altra è l’utilizzo di squallide immagini che rievocano un passato buio della nostra storia e che non deve tornare». «Il confronto democratico è altro: la violenza simbolica non è dissenso, è solo mancanza di rispetto e degrado culturale. Una vergogna», ha concluso il sindaco.

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