Meloni: «Un’Europa più politica e meno burocratica». Le opposizioni attaccano

Scontro sulle comunicazioni prima del Consiglio UE

Le comunicazioni del presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Senato, in vista del Consiglio europeo, hanno aperto una giornata politica densa di contenuti e di contrapposizioni. Il premier ha tracciato un quadro complessivo della posizione italiana su temi di portata strategica – dalla politica estera alla sicurezza, fino all’economia e all’energia – rivendicando il ruolo di un’Italia più assertiva nei tavoli europei e più autonoma nelle scelte di interesse nazionale.

Nel suo intervento, Meloni ha sottolineato la necessità di un’Europa «più politica e meno burocratica», capace di affrontare le crisi globali con una visione comune ma senza imporre ricette uguali per tutti. Ha parlato di un’Italia che «non subisce» ma «propone», ricordando i risultati ottenuti sul fronte della gestione dei flussi migratori e delle relazioni internazionali, in particolare con il continente africano, dove l’approccio del governo – fondato su partenariati di lungo periodo e investimenti – si distingue dalle politiche di contenimento emergenziale del passato.

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Rigore e crescita: la linea economica del governo

Sul piano economico, il presidente del Consiglio ha ribadito l’impegno del governo a conciliare rigore e crescita, difendendo la linea prudente della legge di bilancio e sottolineando come la sostenibilità finanziaria sia condizione necessaria per qualsiasi politica sociale e di sviluppo. Non sono mancati i riferimenti alla necessità di una transizione ecologica «realistica», rispettosa delle specificità produttive italiane e non dettata da automatismi ideologici.

L’opposizione ha risposto con toni diversificati ma convergenti nella critica. Stefano Patuanelli (M5S) ha accusato l’esecutivo di «tagliare» risorse fondamentali per il comparto agricolo e di non avere una strategia strutturale contro l’inflazione. Dario Franceschini (PD) ha richiamato il rischio di isolamento dell’Italia in Europa e ha invitato il governo a «tornare al dialogo» con gli altri Stati membri, soprattutto in materia di diritti civili e politiche climatiche. Riccardo Magi (+Europa) e Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e Sinistra) hanno invece insistito sul tema della tutela dei diritti e sull’opportunità di un impegno più deciso nelle politiche ambientali.

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«L’Italia oggi è ascoltata in Europa»

Le repliche del tardo pomeriggio del premier alla Camera sono state misurate, ma tutt’altro che difensive. Meloni ha risposto con tono fermo e argomentato, evitando contrapposizioni dirette e preferendo ribadire la coerenza della linea del governo. «L’Italia oggi è ascoltata in Europa perché parla con una voce chiara e non contraddittoria», ha affermato, respingendo l’idea di un Paese isolato e sottolineando invece come Roma sia protagonista di molti dossier comunitari, dal Piano Mattei alla difesa comune.

Sui temi economici, il premier ha ricordato come la crescita italiana resti positiva nonostante il rallentamento generale del continente, e come il governo stia lavorando per garantire un equilibrio tra sostenibilità dei conti pubblici e sostegno a famiglie e imprese. «Non cerchiamo consenso facile – ha detto – ma risultati duraturi».

La giornata parlamentare si è così chiusa con un confronto acceso ma complessivamente ordinato, in cui il presidente del Consiglio ha mostrato una certa padronanza del quadro politico e una visione coerente delle priorità nazionali. Le opposizioni, pur evidenziando alcune criticità, hanno confermato la loro difficoltà nel proporre una linea comune e alternativa realmente vicina ai sentimenti del Paese e dei cittadini.

Più che un botta e risposta, quello di oggi è apparso come un passaggio politico maturo: un governo che difende la propria agenda e un Parlamento che, pur tra differenze profonde, torna a essere luogo di confronto. Un segnale di normalità democratica che, in tempi di polarizzazione, vale più di un applauso o di una stoccata.

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