La sua visione in contrasto con quanto fatto dal Pd nella regione
La possibile candidatura di Roberto Fico a governatore della Campania solleva più di un interrogativo, sia sul piano politico che su quello amministrativo. Il personaggio negli anni si è caratterizzato per un’eccessiva estraneità e lontananza dai territori. Fico, pur essendo napoletano, ha sempre avuto un profilo politico nazionale, poco radicato nelle dinamiche concrete e complesse della Campania. Non ha mai mostrato particolare attenzione né progettualità sui reali problemi locali, limitandosi a slogan e dichiarazioni generiche.
Lascia perplessi anche per un’assoluta assenza di esperienza amministrativa e nella prospettiva che possa diventare il presidente di una regione che oggi non è più soltanto un ente legislativo e di programmazione ma anche di gestione suscita legittimi dubbi sulla capacità reale di guidare i processi.
Del resto non ha mai gestito nulla di operativo, né ha maturato competenze nella macchina amministrativa regionale. Passare dal ruolo istituzionale, seppur importante, di presidente della Camera, alla guida di una Regione complessa come la Campania, sarebbe un salto nel buio.
Esponente storico del Movimento 5 Stelle, Fico rappresenta una visione politica rigida, ideologizzata e spesso in conflitto con le esigenze di mediazione e pragmatismo che richiede il governo di una Regione difficile come la Campania.
I contrasti con il PD e la fragilità del campo largo
La sua visione su molti temi è in netto contrasto con quanto fatto finora dal PD in questi anni al governo della regione, basti pensare alle recenti dichiarazioni sul termovalorizzatore di Acerra. Questa diversità di veduta fa pensare che il cosiddetto campo largo più che un’alleanza politica sia una sommatoria di liste tenute insieme solo dalla necessità di vincere le elezioni.
Tutte le differenze tra M5S e gli altri gruppi che dovrebbero comporre la coalizione che sostiene Fico si sono viste e toccate con mano in quest’ultima legislatura all’interno del consiglio regionale dove i cinque stelle hanno svolto un’attività di dura opposizione all’azione di governo di De Luca.
Diventa evidente, quindi, che la richiamata continuità pretesa da De Luca come condizione per dare il suo assenso ad un candidato del M5S pone il partito di Conte davanti ad un bivio: o sconfessare se stessi dicendo che De Luca ha governato bene e che loro sbagliavano quando lo criticavano oppure dichiarare che la candidatura a presidente di un loro esponente è un modo per garantire discontinuità rispetto all’esperienza precedente.
Per questo la candidatura di Fico corre il rischio di diventare altamente divisiva e non unitaria. Fico, infatti, rischia di spaccare il centrosinistra e di accentuare contrapposizioni anche per il sostegno di Manfredi, suo principale sponsor e in netto contrasto con De Luca, anziché costruire una reale alternativa di governo. In un momento in cui servirebbero equilibrio, competenza e concretezza, la figura di Fico appare come una bandiera di parte, più utile alla propaganda che al buon governo.
La Campania davanti a sfide decisive
La Campania è oggi a un punto importante di svolta e per questo non ha bisogno di simboli, ma di soluzioni. La spinta del PNRR, il decollo della Zes unica per il Mezzogiorno, il boom del turismo nella nostra regione, la necessità di organizzare la sanità e il trasporto pubblico, la difesa del territorio e dell’ecosistema, sono tutti temi che per essere affrontati hanno bisogno di esperienza e competenze, qualità che Fico oggettivamente non ha. La sua candidatura, per questo, sembra più il frutto di logiche interne ai partiti che una vera risposta ai problemi dei cittadini ma la Campania merita di più.