Castellana Grotte: viaggio tra meraviglie sotterranee e sapori autentici

Tra stalattiti, leggende e piatti tipici nel cuore della Puglia

Uno scrigno di magica bellezza. Il complesso di rocce calcaree e cavità sotterranee di origine carsica, ubicate nel Comune di Castellana Grotte, a circa 1,5 chilometri dall’abitato, è una delle attrazioni turistiche più spettacolari e suggestive del Bel Paese, che si snoda sottoterra per 3348 metri aprendosi a 330 metri sopra il livello del mare e articolandosi in una serie di caverne dai nomi fortemente evocativi dalla voragine profonda sessanta metri denominata la Grave che costituisce l’ingresso naturale alle grotte.

Lo scenario di un chilometro che si spalanca davanti ai visitatori, include la Grotta Nera o della Lupa Capitolina, il Cavernone dei Monumenti, la Caverna della Civetta, il Corridoio del Serpente, la Caverna del Precipizio, il Piccolo Paradiso, il Corridoio del Deserto o Grand Canyon sotterraneo, la Caverna della Torre di Pisa, il Corridoio Rosso, la Caverna della Cupola, il Laghetto di Cristalli, per arrivare, infine, alla splendida e luminosa Grotta Bianca dove si conclude il percorso consentito, giacché altre zone sono inaccessibili per crolli, smottamenti, lavori di svuotamento detriti o ripristino agibilità.

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La scoperta e il contesto territoriale

Scoperte il 23 gennaio 1938 dallo speleologo lodigiano Franco Anelli a cui è intitolato il Museo Speleologico locale, le Grotte (popolate da pipistrelli, coleotteri, cavallette, mosche e crostacei isopodi), fanno parte dell’incantevole comune di Castellana Grotte (Casteddòne in dialetto locale), appartenente alla città metropolitana di Bari, che sorge sull’altopiano calcareo della Murgia dei Trulli e delle Grotte; situata al margine della valle di Genna, affacciata verso l’Adriatico a levante e verso l’interno della Murgia più alta a ponente, la cittadina è circondata da voragini, doline, inghiottitoi e territori boschivi ricchi di querce, lecci, fragni, malgrado i frequenti disboscamenti.

Le origini e la storia medievale

Creata nell’alto Medioevo grazie alla donazione a San Benedetto di tutto il territorio effettuata nel 1098 dal Conte Goffredo di Conversano, di origini normanne, Castellana venne ufficialmente fondata nel dicembre 1171, quando l’Abate Eustasio donò il feudo di Castellano a due otrantini, Nicola e Costa, per far ricostruire il borgo vicus in cui la vox populi, dove ha soggiornato per una notte, Federico II di Svevia, distrutto durante le contese tra Ruggero II di Sicilia e i dinasti normanni.

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Castellana fu una delle terre sotto il dominio dei Conti di Conversano, la casata che regnò più a lungo sulla zona fu quella degli Acquaviva che vi arrivò per vie matrimoniali, quando Giulio Antonio d’Acquaviva sposò in seconde nozze Caterina Orsini del Balzo (figlia illegittima del potentissimo principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo) che ottenne la Contea come dote della nuova moglie e da allora la zona rimase salvo una breve interruzione, sotto il dominio dei loro discendenti, dopo la raccapricciante e barbara morte del valoroso Giulio.

Il conte, ormai anziano, aveva infatti preso parte, con coraggio e valore, alla campagna per contrastare l’invasione ottomana di Otranto, morì in modo atroce e singolare durante un’imboscata a Serrano, quando fu decapitato da un colpo ricevuto durante lo scontro. La testa rotolò a terra e fu issata dai nemici su una picca (e, probabilmente, mai restituita ai parenti, nonostante l’offerta di un grosso riscatto) mentre il corpo, rimasto eretto sulla sella, fu portato via dal cavallo e recuperato dai suoi sodali, nell’orrore generale, per essere seppellito a Sternatia.

Tradizioni culinarie e specialità locali

Dopo le irrinunciabili escursioni nelle grotte, ci si potrà ristorare nelle numerose trattorie del luogo per assaggiare le cozze gratinate o fritte, la vellutata salsa “allemande” con funghi e succo di limone, le braciole al sugo, la pasta di S. Giuseppe con sgombri soffritti, la pasta alla S. Giovannello con pomodorini e capperi sottaceto, i pesci secchi salati denominati salacche e scartapiedd.

O ancora le polpette di nonna Nenetta a base di pane raffermo, formaggio grattugiato, aglio e prezzemolo, ma soprattutto a’ mbanôt, ovvero l’impanata (una zuppa “povera” consigliata anche ai vegani per la totale assenza di grassi di origine animale), con cicorie selvatiche, pane raffermo, olio di oliva extra-vergine, sale e purea di fave (ottenuta grazie all’utilizzo dello spaccafave, antico attrezzo contadino) entrato nell’elenco dei Prodotti della gastronomia della Regione Puglia, in qualità di piatto identitario della gastronomia castellanese.

Come gastrosouvenir da portar via, ecco le orecchiette secche, i latticini (ottimi i nodini di fiordilatte, la mozzarella alla burrata o alla stracciatella), il caciocavallo e la manteca, una scamorza ripiena di burro fresco, i taralli, i pomodori secchi, l’olio extravergine d’oliva.

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