«Un carico di porfido con 600 kg di cocaina mai giunto a Sydney»

L’imprenditore Fontana avrebbe dovuto incassare 600mila euro

Secondo gli inquirenti l’imprenditore Giovanni Fontana – condannato a 12 anni di reclusione per avere aiutato l’ex narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale, attualmente collaboratore di giustizia a spedire un ingente quantitativo di droga in Australia, attraverso le sue ditte di trasporti – avrebbe gestito la predisposizione di due container contenenti quattro pedane di pietre di porfido destinate all’occultamento di ben 600 chilogrammi di cocaina, destinati a essere trasportati via una nave da Napoli a Sydney.

La cocaina era destinata a un certo Mark l’australiano e il carico, solo apparentemente di porfido, aveva come mittente una società di Castel Volturno (Caserta) che commercializza quella tipologia di pietra.

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Per i suoi servigi Fontana avrebbe dovuto intascare 600mila euro: in sostanza avrebbe dovuto prendere in carico l’ingente quantitativo di cocaina, stoccarlo in un deposito del Casertano (un capannone peraltro individuato dagli investigatori), predisporre l’occultamento e custodire lo stupefacente fino alla consegna allo spedizioniere a cui invece era stato affidato il compito di veicolare i container in fino nel porto di Napoli. La droga, in panetti, alcuni contrassegnati con una corona, simile a quella distintiva di una famosa marca svizzera di orologi, venne sistemata al centro di un cubo cavo di porfido.

Del carico, però se ne perse traccia, lungo la rotta, forse proprio nel porto di approdo, a Sydney. Nel processo a suo carico, la cui fase dibattimentale è durata oltre un anno e mezzo, l’imprenditore Fontana è stato difeso anche dall’avvocato Giovanni Cantelli che, con il collega Stellato, ha sollevato numerose eccezioni procedurali e chiesto l’escussione di molti testimoni.

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