Gli inquirenti indagano anche sulla rottura del cuneo in piombo
Una frattura nella cosiddetta «testa fusa» potrebbe aver innescato il crollo della cabina della Funivia del Faito, precipitata lo scorso 17 aprile. Quattro le vittime, un ferito grave e un’inchiesta che ora si concentra su quel cuneo in piombo installato all’estremità del cavo trainante.
È quanto emerge dalle attività coordinate dalla Procura di Torre Annunziata, guidata dal procuratore capo Nunzio Fragliasso. La «testa fusa», collocata sopra la cabina, è stata rinvenuta spezzata nei pressi del pozzetto della stazione a monte, sul versante del Faito. Il pezzo, riferisce Gennaro Scala sul «Corriere della Sera», era disperso dai giorni successivi alla tragedia ed è stato recuperato grazie a un’operazione congiunta di forze dell’ordine, vigili del fuoco e droni, sotto controllo diretto della magistratura.
La rottura del cuneo e non del cavo in acciaio rappresenta ora una delle piste principali. Gli investigatori non escludono che possa essere stato proprio quel cedimento a causare il disastro. Resta tuttavia aperta anche l’ipotesi contraria: che la frattura sia stata provocata dall’impatto, e non lo abbia preceduto. Per accertarlo serviranno ulteriori perizie tecniche.
L’indagine procede nel massimo riserbo. Al momento, sono quattro le persone iscritte nel registro degli indagati. Si tratta di dirigenti e operatori dell’Eav, l’Ente Autonomo Volturno, che gestisce la linea. Le accuse sono gravi: omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Nello schianto persero la vita la coppia britannica formata da Derek Winn ed Elaine Margaret Winn, Carmine Parlato e Janan Suliman, cittadina israelo-palestinese.