Alessio Cini colpito e bruciato vivo per l’eredità: arrestato il cognato 58enne

In un primo momento era stata avanzata l’ipotesi del suicidio

Sprangato alla testa, colpito più volte al torace, dato alle fiamme mentre ancora respirava, quindi morto, ucciso. Per la procura di Pistoia a trucidare Alessio Cini, 57 anni, il tecnico tessile sulla cui morte era stata avanzata l’ipotesi del suicidio fino al giorno dell’autopsia, sarebbe stato il cognato Daniele Maiorino, 58 anni, che la notte scorsa è stato sottoposto a fermo e interrogato per ore. Con gli inquirenti si è proclamato innocente. «Non sono stato io», ha detto. Ma ci sono gravi indizi che per la procura lo fanno ritenere l’autore dell’omicidio, eseguito con l’aggravante della crudeltà.

Tra questi, i soliloqui del 58enne, intercettati in auto dai carabinieri mentre parlando a sé stesso, a voce alta, ricostruisce le fasi dell’uccisione, l’aggressione, le modalità, l’immagine del sangue, il corpo dato alle fiamme. I bagliori vennero ripresi dalle telecamere e hanno fissato l’ora del delitto tra le 5:52 e le 5:59 dell’8 gennaio. Per l’accusa c’è anche il movente, di natura patrimoniale.

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Il possibile movente

Maiorino, artigiano nel settore degli infissi, avrebbe difficoltà economiche e secondo gli investigatori si era convinto che avrebbe ottenuto «un’aspettativa ereditaria – afferma il procuratore Tommaso Coletta – che dalla morte di Cini sarebbe derivata e di cui avrebbe potuto indirettamente beneficiare». Cini era erede del patrimonio della madre. In base alla ricostruzione investigativa, Maiorino riteneva che dopo averlo eliminato, quei beni sarebbero passati alla figlia della vittima, una ragazza 14enne di cui il fermato e la moglie sono zii.

Ucciso il padre – prosegue in buona sostanza l’accusa – loro si sarebbero presi cura della ragazzina insieme alla madre, la ex moglie di Cini. E in qualche modo Maiorino avrebbe goduto di quei soldi. Ma dalle indagini è emersa anche un’altra questione patrimoniale, legata alla vendita dell’appartamento dove Cini abitava con la figlia 14enne. È un alloggio nella villetta tri-familiare, nel cui giardino è stato ucciso. L’abitazione è della ex moglie di Cini ed è andata all’asta pochi giorni dopo l’omicidio. Nell’alloggio vicino abitano Maiorino e la moglie che, appunto, è sorella della ex coniuge di Cini. In un terzo alloggio c’è un’altra famiglia.

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Faccende personali e questioni economiche avrebbero aumentato i dissapori di questo contesto. Secondo testimoni, Alessio Cini si stava organizzando per lasciare la casa e andare a vivere a Prato, la sua città, ma nei mesi scorsi si sarebbe impegnato a mettere insieme i soldi per partecipare all’asta. Non è escluso che poi abbia annunciato di essere pronto a fare la sua offerta.

L’avvocato: «Il mio assistito ha respinto l’accusa»

Durante un lungo interrogatorio notturno Maiorino ha negato agli inquirenti di essere l’omicida. Lo riferisce il suo difensore, l’avvocato Katia Dottore Giachino, che peraltro definisce «inverosimile» il movente dell’aspettativa ereditaria. «Il mio assistito ha respinto l’accusa di aver assassinato il cognato» e anche se «le telecamere riprendono Cini che prende fuoco, non si vede alcuna persona che si avvicina alla vittima», aggiunge.

Nell’interrogatorio, l’indagato ha anche negato il senso del monologo captato dalle ‘cimici’ in auto. «Abbiamo sentito gli audio forniti dalla procura e le parole, a causa dei rumori di fondo, non sono chiare – spiega Katia Dottore Giachino – Il mio assistito non avrebbe detto ‘L’ho ucciso’, come la procura gli contesta, ma l’esatto contrario: ‘Lo hanno ucciso’». I carabinieri avevano sequestrato anche gli abiti dei residenti nei tre appartamenti del casolare, oltre a bastoni e una tanica di benzina ma, ha detto il difensore rispetto a questi elementi, «le indagini tecniche vanno ancora avanti e occorrerà attendere gli esiti degli esami tecnici per sapere qualcosa di più». Lunedì prossimo si dovrebbe tenere l’udienza di convalida.

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