Super Mario Draghi, ecco tutti i numeri di un fallimento programmato e perseguito

Basta al conformismo pro «homo bancarius». La stampa smetta di essere «cane di compagnia» del potere, torni «cane da guardia» a difesa dei cittadini

I numeri dicono che «non è tutt’oro quello che luccica» e c’è un limite a tutto. Al conformismo pro Draghi della stampa italiota (che dimenticando la sua missione originaria da «cane da guardia del potere» si è trasformata in «cane da compagnia» dell’establishment) come alla spocchia con la quale l’«homo bancarius», pensava di risolvere la «questione» fiducia, messa in dubbio dal «non voto» grillino al decreto «Aiuti», imponendo, al centrodestra di governo d’«ingoiare» un nuovo patto, fotocopia del precedente e i 5S che 10 giorni prima, avevano messo in mostra la propria assoluta inaffidabilità.

Sicché, dopo aver ribadito più volte dall’insediamento a oggi – e, anche dopo le dimissioni perché quel «no» aveva rotto l’«assemblaggio forzato» che aveva fatto nascere questo governo – di essere al di sopra delle parti, ha indossato una maglietta giallorossa e si è schierato con Pd e «pentascilipoti». La trappola predisposta dai partiti della maggioranza allargata e le ingerenze (dis)interessate delle compagnie di giro italiche: partiti, sindacati, giornalisti e giornali, politici, sindaci», ed estere: Ue, Usa, Von der Leyen, ecc., non hanno funzionato e lui ha preferito dimettersi.

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Il voto di fiducia a Draghi

Nonostante non sia mai stato sfiduciato, perché i voti di fiducia sono andati assottigliandosi, riducendosi all’ultimo giro ad appena 95. Un risultato, questo, conseguente alla sua scelta di apporre la fiducia sulla risoluzione della crisi, proposta dall’ex dc, eletto con voti Pd, Casini, (che laconicamente affermava «Ascoltate le comunicazioni del Presidente del Consiglio, il Senato le approva»), insomma, «come prima, più di prima, peggio di prima», bocciando quella del centrodestra che ne assecondava la richiesta di un «patto» per un nuovo governo, avanzata da lui stesso, ma «profondamente rinnovato», «guidato ancora da Mario Draghi, ma senza i 5 Stelle»).

Un’opzione che diceva «si» ai «pentascilipoti» dimaiani, e metteva alla porta il centrodestra che – come si legge nella risoluzione di Calderoli (che Draghi ha sdegnosamente rifiutato di far votare) – diceva «no» ai grillini. Il che avrebbe decretato, il fallimento del campo largo. E Letta non poteva permetterlo. Senza Di Maio & c., con chi avrebbe potuto allearsi? Già, ma con loro dove va?

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La necessità di «scappare»

Forse sarò un tantinello malfidato, ma ho la sensazione che dietro le dimissioni di superMario si nascondesse la necessità di «scappare» da quella poltrona per scaricare ad altri le proprie responsabilità, in vista della bufera autunnale che si sta avvicinando e forse anche sperando di essere lui, la prima scelta del centrosinistra, per la premiership futura.

Tant’è che «mettendo le mani avanti» ha sostenuto che sono gli italiani a chiedergli di restare a palazzo Chigi. Ma chi, quel migliaio di persone, bambini e clochard compresi, mobilitato dal mainstream per osannar lo su qualche piazza italiana? E perché lo avrebbero fatto?

I numeri del fallimento del governo Draghi

Forse perché, secondo Bankitalia, ha distrutto il ceto medio, allargando le distanze fra superricchi e poveri assoluti e il debito pubblico a maggio 2022 è arrivato a 2.756miliardi (-3,5 rispetto al mese precedente) ma a +69 (2.687) su maggio 2021; o perché sono felici che secondo la Banca di Amsterdam il prezzo del gas dal 2021 è aumentato dell’800% e quello dell’elettricità secondo l’Autorità di Regolazione Energia Reti e Ambiente da ottobre 2021 del 91% e nell’ultimo anno una famiglia tipo per le bollette elettriche ha speso oltre 1.000 euro e per il gas circa 1.696?

Costi, per altro, che stando alle stesso fonti, da luglio a dicembre 2022 per una famiglia tipo con due figli cresceranno di altri 316,57 euro e di 290 se i rampolli sono 4, mentre l’anno scorso la spesa non superava i 147. Certo gli aumenti non dipendono da lui, ma cosa ha fatto per alleviarcene il peso? Poco, molto poco, anzi, niente. Ci «regala» un miliardo al mese, ma con questi costi energetici mensilmente, solo di Iva, se ne prende oltre 1 miliardo.

E se sul prezzo del carburante, più tasse (59% di accise ed Iva) che prodotto (41%) – e senza dimenticare che più cresce il prezzo del prodotto, più aumentano Iva e accise che lo Stato incassa – Draghi & c. per aiutarci, ci bonificano 30 centesimi a litro (che invece restano sempre tali). Per di più, per il 2022, gli aiuti sono finiti. Eppure, quest’anno le entrate fiscali sono cresciute sena alcuna ragione specifica di ben 13 miliardi rispetto all’anno scorso. A proposito qualcuno è a conoscenza dei dati ufficiali per dire quali e quanti sono gli obiettivi Pnrr raggiunti concretamente e non scritti solo sulla carta?

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