Di Maio: «Espulsi 30 diplomatici russi». Mosca: «Nostra risposta simmetrica e distruttiva delle relazioni bilaterali»

La decisione italiana «necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale»

L’ambasciatore della Federazione russa è stato convocato questa mattina alla Farnesina «per notificargli la decisione del Governo italiano di espellere trenta diplomatici russi in servizio presso l’ambasciata in quanto ‘personae non gratae’». Lo ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a Berlino. «Questa misura, assunta con altri partner europei e atlantici, si è resa necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale e nel contesto della crisi attuale della crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione russa».

L’ambasciatore russo a Roma Sergey Razov «ha esplicitamente protestato contro la decisione immotivata dell’Italia che porterà ad un ulteriore deterioramento delle relazioni bilaterali e ha dichiarato che questo passo non rimarrà senza risposta da parte russa».

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Da Mosca fanno sapere che la Federazione «espellerà diplomatici italiani» in Russia, in risposta alla decisione di dichiarare ‘personae non gratae’ 30 diplomatici dell’ambasciata russa in Italia. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri della Federazione, Maria Zakharova. Anche la Danimarca espellerà 15 diplomatici russi per spionaggio, il giorno dopo le analoghe misure intraprese da Francia e Germania.

L’ex presidente russo e vice capo del consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev aveva spiegato che il Cremlino risponderà in maniera proporzionale e «simmetrica» all’espulsione dei suoi diplomatici da diversi Paesi occidentali. «Tutti conoscono la risposta: sarà simmetrica e distruttiva delle relazioni bilaterali», ha detto Medvedev in un post sul suo canale Telegram. «Chi hanno punito? Prima di tutto se stessi». «Se continua così, sarà opportuno chiudere la porta delle ambasciate occidentali» ha continuato Medvedev. «Sarà più economico per tutti. E poi finiremo per guardarci l’un l’altro in nessun altro modo che attraverso il mirino delle armi».

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