Lavoro, la pandemia ha colpito soprattutto le partite iva. Persi 378mila posti di lavoro autonomo

In sedici mesi il numero totale delle partite Iva presenti in Italia è diminuito mediamente di 776 unità al giorno

Covid e lavoro, la pandemia ha colpito soprattutto gli autonomi. Su dieci posti persi, otto sono loro. A denunciarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre. Tra febbraio 2020, mese che precede l’avvento della crisi pandemica, e giugno di quest’anno, il nostro Paese ha perso 470mila occupati, di questi, ben 378mila – pari a oltre l’80 per cento del totale – sono autonomi.

Come dire che in questi 16 mesi il numero totale delle partite Iva presenti in Italia è diminuito mediamente di 776 unità al giorno. Ad aver subito gli effetti più negativi dalla crisi innescata dalla pandemia sono stati prevalentemente i piccoli commercianti, gli esercenti, i collaboratori e tantissimi liberi professionisti. Tra i lavoratori dipendenti, invece, il numero complessivo degli occupati è sceso di ‘sole’ 92mila unità.

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«Se otto persone su dieci che hanno perso il lavoro in questo drammatico periodo storico appartengono al cosiddetto popolo delle partite Iva, non si capisce come mai non sia ancora emerso nel Paese una particolare attenzione in grado di coinvolgere l’opinione pubblica e la politica su questo dramma sociale ed economico», sottolinea la Cgia.

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Poca attenzione agli autonomi

«Se le crisi aziendali della Gkn, di Whirpool, della Logista Italia, della Gianetti Ruote, etc., sono state giustamente poste all’attenzione dell’opinione pubblica da parte dei media, poco interesse o quasi nessuna attenzione – rileva l’Ufficio Studi -, invece, hanno provocato le centinaia di migliaia di piccolissime attività che, nel silenzio più totale, hanno chiuso definitivamente la saracinesca. Drammi che nessuno ha potuto raccontare, vite lavorative spezzate che, pare, non abbiano alcuna dignità, nemmeno quella di essere raccontata».

Due pesi e due misure che la CGIA «vuole invece richiamare e portare all’attenzione di tutti, sperando, in particolar modo, che questi dati inducano, sia il Premier Draghi che i governatori, ad aprire un tavolo di crisi permanente a livello nazionale e regionale, altrimenti il mondo del lavoro autonomo rischia di uscire da questa crisi fortemente ridimensionato».

Per la Cgia «a rischio la coesione sociale»

«Inutile ricordare che quando perdono il posto c’è una sostanziale differenza tra i lavoratori dipendenti e gli autonomi. Mentre i primi possono contare su alcune importanti misure di sostegno al reddito (Cig, Naspi, etc.), i secondi, invece, non possono contare quasi su nulla. A loro rimane solo il fallimento di un’esperienza lavorativa finita male e l’angoscia di come reinventarsi il proprio futuro. La CGIA sostiene che i negozi di vicinato e le tante botteghe artigiane presenti nel Paese hanno bisogno di sostegno perché garantiscono la coesione sociale anche del nostro sistema produttivo. Se spariscono le micro imprese, rischiamo di abbassare notevolmente la qualità del nostro made in Italy» ricorda.

«Per questo – spiega la nota – è indispensabile tagliare la burocrazia, rivedere il fisco, abbassando drasticamente il peso di imposte e contributi sulle piccolissime imprese, e approvare quanto prima la riforma degli ammortizzatori sociali che, in caso di chiusura dell’attività, preveda delle misure di sostegno al reddito anche ai lavoratori autonomi».

Altresì «è necessario coinvolgere il Ministero dell’Istruzione affinché attivi quanto prima una importante azione informativa/formativa nei confronti degli studenti delle scuole medie superiori che li sensibilizzi in particolar modo su un punto; una volta terminato il percorso scolastico, nel mercato del lavoro ci si può affermare anche come lavoratori autonomi. Aspetto, quest’ultimo, ai più pressoché sconosciuto».

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