Un riassetto coraggioso per ridare efficienza, vicinanza e trasparenza
Un recente sondaggio ha messo nero su bianco ciò che molti cittadini percepiscono da tempo: l’istituzione Regione è tra le meno apprezzate dagli italiani. A conferma di questo sentimento, basta guardare ai dati dell’affluenza alle urne nelle elezioni regionali, in particolare in Campania, dove il numero dei votanti è sceso a livelli allarmanti. La sfiducia è profonda e diffusa. Ma da dove nasce?
Le Regioni, nate per avvicinare le istituzioni ai territori, si sono progressivamente trasformate in centri di potere autoreferenziali, spesso inefficaci nella gestione delle competenze e fonte di sprechi. Il cittadino le avverte come strutture lontane, burocratiche, inutilmente complesse, incapaci di rispondere alle esigenze concrete della popolazione. A tutto ciò si aggiunge il disastro del sistema della legislazione concorrente tra Stato e Regioni, che alimenta ambiguità normative e contenziosi, rallentando l’azione pubblica e generando confusione sulle responsabilità.
Il paradosso è che in nome del decentramento e dell’autonomia si è costruito un modello che ha invece aumentato la distanza tra istituzioni e cittadini. In molte regioni, tra cui la Campania, la gestione della sanità, dei trasporti o dello sviluppo economico locale è stata segnata da fallimenti o da inefficienze croniche, mentre le sedi regionali sono diventate palcoscenici per carriere politiche e spartizioni di potere più che luoghi di decisione strategica per i territori.
Regioni, Province e Comuni: un cambio necessario
È tempo di dire con chiarezza che questo modello è giunto al capolinea. Per ridare efficienza, vicinanza e trasparenza all’assetto istituzionale del Paese è necessario avviare una riforma coraggiosa. Occorre rafforzare gli enti locali che rappresentano davvero la dimensione prossima ai cittadini, Comuni e Province, dotandoli di competenze e risorse, e superare le Regioni come livello intermedio che oggi spesso crea più problemi che soluzioni.
Non si tratta solo di semplificare, ma di restituire senso all’azione pubblica. In un Paese che ha bisogno di accelerare la spesa dei fondi europei, che deve affrontare emergenze demografiche e sociali, che vuole offrire ai giovani opportunità reali, non possiamo più permetterci istituzioni inefficienti, costose e distanti.
Abolire le Regioni e ridisegnare la mappa delle competenze significa anche dare una risposta concreta alla domanda di buona amministrazione. È una sfida complessa, ma necessaria. E deve entrare a pieno titolo nell’agenda politica nazionale, prima che la distanza tra istituzioni e cittadini diventi insanabile.




