Sciopero dichiarato illegittimo, ma la Cgil sfida regole e italiani
Maurizio Landini e la sua Cgil tornano a bloccare l’Italia con la solita “non politica” che però pretende di dettare legge. I sindacati chiedono «rispetto» a gran voce, ma intanto ignorano gli italiani che subiscono disagi e sfidano apertamente un governo democraticamente eletto. Non solo: nelle piazze, come già è capitato, non mancheranno striscioni e slogan violenti contro i rappresentanti delle istituzioni e dell’esecutivo, mentre si parla di valori e diritti.
Il tutto esplode da Copenaghen, dove Giorgia Meloni, tra un vertice europeo e l’altro, trova due minuti per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. «Mi sarei aspettata che almeno su una questione che reputavano così importante» come Gaza «non avessero indetto uno sciopero generale di venerdì. Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme», affonda la premier con sarcasmo.
Landini pretende rispetto ma ignora le regole
Landini, indignato, definisce quelle parole «un’offesa» e chiede «rispetto» per la Cgil. Salvo poi confermare lo sciopero generale, ignorando l’ingiunzione del Garante: la protesta non rientra nei casi di «difesa dell’ordine costituzionale» o di «gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori». Per il leader sindacale invece sì: «Non si stanno rispettando le nostre norme costituzionali» e non sono tutelati «nostri connazionali arrestati in acque libere». Annuncia che impugnerà la delibera della Commissione di garanzia e qualsiasi sanzione arrivi.
Matteo Salvini, pur critico, evita la precettazione: dal Mit spiegano che «nessuna prova di forza» risolverebbe la situazione, anzi «alimenterebbe il clima già avvelenato in modo irresponsabile». Il vicepremier però propone una revisione della normativa sugli scioperi e sanzioni più dure per chi ferma il Paese senza rispettare le regole.
In Parlamento interviene il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che comprende le proteste ma condanna le violenze e cita Pier Paolo Pasolini: «Tra figli di papà e figli del popolo, sarò sempre dalla parte dei figli del popolo, sempre dalla parte delle Forze dell’ordine». Segue un dibattito acceso: Pd, Avs e M5s si astengono sulla risoluzione di sostegno al Piano Trump. «Non lo comprendo – attacca Meloni – perché ricordo che è sostenuto dai Paesi europei, dai Paesi arabi, dall’Anp, quindi rimane solo la sinistra italiana che evidentemente ha delle posizioni più radicali».
Piazze infuocate tra proteste e slogan aggressivi
Fuori dalle aule parlamentari, le piazze ribollono: mobilitazioni pro-Pal e pro-Flotilla, occupazioni universitarie e persino irruzioni. Nei cortei si vedono cartelli e slogan che insultano apertamente i rappresentanti del governo e delle istituzioni, in una protesta che viene presentata come pacifica ma assume spesso toni aggressivi.
Meloni assicura che il governo farà «tutto il possibile» per riportare in Italia «il prima possibile» i connazionali fermati da Israele. La premier sottolinea che queste manifestazioni «non portano alcun beneficio al popolo della Palestina. In compenso mi pare di capire che porteranno molti disagi al popolo italiano». Ricorda che l’Italia è «la prima tra le nazioni non islamiche che ha evacuato più persone da Gaza nei propri ospedali», che ha aperto «un corridoio per ricercatori» e che è «fra le prime al mondo per la consegna di aiuti». Secondo lei, lo sciopero e i cortei hanno «poco a che fare con la vicenda palestinese e molto con questioni italiane».
Landini non arretra: insieme a Usb, Cub e Cobas rilancia la protesta. «Sono in discussione i valori della democrazia, il diritto delle persone di vivere in pace. Una persona normale e un sindacato che è fatto di valori non può stare a guardare». A sinistra Elly Schlein accusa Meloni di «criminalizzare ogni piazza» e dice: «Giù le mani dai diritti dei lavoratori». Fratoianni e Bonelli in piazza a Roma, mentre Giuseppe Conte sfilerà domani al corteo su Gaza, approfittando della campagna elettorale in Calabria.
Alla fine, la strategia dei sindacati è chiara: chiedere rispetto per sé stessi, ma negarlo agli altri. Ignorano regole e istituzioni, bloccano il Paese e alzano i toni con slogan aggressivi, riuscendo a pesare più di tanti leader politici che restano a guardare.




