Il Tar boccia la proroga delle ‘zone rosse’ a Napoli, il prefetto annuncia ricorso

I giudici: misure straordinarie per problemi ordinari

Il prefetto di Napoli «ha introdotto misure straordinarie a carattere tendenzialmente permanente per far fronte a ordinari e stratificati nel tempo problemi di ordine pubblico». Il Tar della Campania ha giudicato illegittima la proroga delle cosiddette zone rosse istituite in città per far fronte alle questioni di sicurezza e di ordine pubblico legate soprattutto, ma non solo, alla movida scatenata. Per i promotori del ricorso si tratta di una bocciatura della linea dettata dal Viminale che, da fine 2024, ha raccomandato l’istituzione di zone rosse nelle principali città italiane: una direttiva di cui questa sentenza «riconosce il carattere discriminatorio e lesivo delle libertà costituzionali».

Il ricorso: «Misura incostituzionale e priva di emergenza»

A Napoli il ricorso contro il «divieto di stazionamento» di soggetti «con atteggiamenti aggressivi, minacciosi e molesti» in diverse zone della città è stato presentato da due consiglieri municipali e da alcune associazioni attive nelle aree off limits, secondo cui la reiterazione dell’ordinanza «viola i principi fondamentali della Costituzione».

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In 14 pagine di sentenza, la quinta sezione del Tar presieduta da Maria Abbruzzese, sottolinea in primo luogo che dagli enunciati alla base del provvedimento del prefetto Michele di Bari «non si desume affatto l’esistenza di una situazione di grave, imprevista e imprevedibile emergenza per la sicurezza pubblica non fronteggiabile con gli strumenti ordinari previsti dall’ordinamento; questi enunciati, infatti, fanno piuttosto riferimento agli ordinari problemi di gestione dell’ordine pubblico che sono tipici di una grande città caratterizzata da problemi e tensioni sociali e da grandi e crescenti flussi turistici che si concentrano in alcune aree cittadine».

Si tratta, quindi, afferma il Tar, di «situazioni che devono essere affrontate e risolte utilizzando i normali strumenti previsti dall’ordinamento». In secondo luogo, anche ammesso di essere in presenza di «una situazione di emergenza da affrontare con misure straordinarie», l’ordinanza di proroga della zona rossa estende il «divieto di stazionamento» di fatto per almeno 9 mesi, «con argomentazioni suscettibili di essere utilizzate anche per ulteriori proroghe», violando così «il principio della temporaneità degli effetti dei provvedimenti contingibili e urgenti» e «limitando una libertà, quella di circolazione, che è garantita dalla Costituzione».

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Ricorrenti in festa, ma il prefetto non arretra

Esultano i ricorrenti, assistiti dal il team legale composto da Andrea Chiappetta e Stella Arena: «è una vittoria dello Stato di diritto» e viene ristabilito «il primato della Costituzione sull’arbitrio amministrativo. Le libertà personali non si comprimono per ordinanza». Chiara Capretti e Pino De Stasio, i consiglieri municipali ricorrenti, parlano di «una bocciatura senza appello per chi ha usato lo stato di emergenza come pretesto per aggirare il confronto democratico». E ancora: «La decisione del Tribunale rappresenta una sconfitta politica diretta per il Governo e per la sua strategia securitaria».

Ma il prefetto di Napoli, dopo una «attenta valutazione» della sentenza con l’Avvocatura dello Stato, annuncia un immediato ricorso al Consiglio di Stato. Le ordinanze che istituiscono le zone rosse, spiega il prefetto Michele di Bari, «consentono di allontanare soggetti molesti e dediti ad attività illecite da zone connotate da significativa incidenza di fenomeni di degrado e criminalità diffusa».

E sono provvedimenti «con i quali, in modo proporzionato ed equilibrato e col minor sacrificio possibile degli interessi concorrenti», vengono definite zone ad accesso limitato «a tutela della sicurezza urbana, coniugando adeguatamente la libertà di circolazione con la sicurezza e l’ordine pubblico». Peraltro, si tratta di decisioni «condivise e talvolta richieste dai sindaci», volte a consentire «la fruibilità dello spazio pubblico da parte dei cittadini», di durata limitata e adottate in aree limitate.

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