Un luogo sospeso tra storia e applausi, custode dell’anima partenopea
Il Teatro Augusteo è uno di quei posti dove si vive la vera Napoli. Dove sedersi in platea è un po’ come entrare in una casa dove c’è chi ride, chi applaude e chi si commuove. C’è chi ci va per la commedia, chi per i musical, chi solo per dire «io c’ero». E, strano ma vero, ognuno trova esattamente quello che cercava.
Ha accolto e tutt’oggi accoglie artisti di gran calibro come Biagio Izzo, Carlo Buccirosso, Alessandro Siani, Serena Autieri, Massimo Ranieri, Pino Daniele, Loredana Bertè, Marco Mengoni, Sal Da Vinci, Giorgia, Elisa, Nek, Noemi, Ornella Vanoni, Robert Plant, Bruce Springsteen e molti ancora.
La nascita del Teatro Augusteo
Prima che diventasse ciò che vediamo oggi, c’era un’altra sala: un teatrino progettato nel 1772 da Luigi Vanvitelli, nascosto all’interno del seicentesco palazzo Berio, di cui il celebre architetto firmò anche la facciata. Poteva ospitare fino a 1600 spettatori ed era una raffinata gemma incastonata nella vita aristocratica dell’epoca. Ma la città cambiava, e con essa anche i suoi spazi e così, parte del palazzo fu demolita nei primi decenni del Novecento per far posto a una nuova piazzetta, creata come sbocco per la Funicolare Centrale, nata per collegare agilmente il Vomero a via Toledo.
Proprio su quella piazzetta, tra il 1926 e il 1929, sorse il nuovo teatro: un progetto ambizioso affidato all’architetto Arnaldo Foschini, con il contributo tecnico dell’ingegnere Pier Luigi Nervi e del collega Gioacchino Luigi Mellucci. L’Augusteo, così, prese vita in un punto strategico della città, diventando presto un punto di riferimento per lo spettacolo e la socialità. Tuttavia, la storia non è stata sempre generosa con questo edificio poiché, durante la Seconda guerra mondiale, fu costretto a chiudere i battenti.
Quando riaprì, negli anni Cinquanta, lo fece con un volto diverso: i restauri realizzati in quel periodo ne alterarono profondamente l’aspetto architettonico e ne compromisero la celebre acustica. Per molti anni fu trasformato in cinema, perdendo gran parte della sua identità originale. Solo nel 1992, dopo decenni di utilizzo alternativo, un importante intervento di recupero architettonico riuscì a restituirgli la dignità e la forma che meritava, riconsegnandolo finalmente alla città come spazio teatrale autentico, fedele alla sua vocazione e alla sua memoria.