«Si poteva evitare»: dolore e rabbia per la morte assurda di Chiara Jaconis

Secondo la Procura, a lanciare la statuetta fu un 13enne

A lanciare dal balcone di casa la statuetta che ha colpito alla testa e provocato la morte, dopo due giorni di agonia, la giovane Chiara Jaconis, turista trentenne di Padova in gita a Napoli insieme al fidanzato, sarebbe stato un bambino di 13 anni e, in quanto tale, non imputabile. Mentre il fratellino più grande di un anno non ha avuto alcun ruolo nell’incidente. Sono i risultati cui è giunta la procura dei minorenni di Napoli che ha concluso le indagini sulla tragedia avvenuta il 15 settembre scorso ai Quartieri Spagnoli.

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Chiara, che passeggiava col fidanzato per le viuzze del centro di Napoli, si accasciò a terra colpita da un oggetto. Si trattava del frammento di una statuetta – probabilmente un souvenir egiziano, in onice – che si era frantumata sbattendo su una ringhiera di ferro al secondo piano di uno stabile.

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Le indagini della polizia hanno consentito di ricostruire la traiettoria dell’oggetto ed hanno stabilito che era stato lanciato da un balcone al terzo e ultimo piano dell’edificio, dove vive il tredicenne con la sua famiglia. Una ricostruzione confermata anche dalle testimonianze raccolte, specie di alcuni vicini, secondo cui non era la prima volta che venivano lanciati oggetti da quel balcone.

Il presunto responsabile del gesto sarebbe dunque un bambino di 13 anni, con fragilità psicologiche, ma i suoi genitori hanno sempre escluso che quella statuetta fosse la loro. I coniugi sono a loro volta sotto inchiesta presso la procura ordinaria. L’accusa è di omicidio colposo per omessa vigilanza: gli inquirenti devono infatti stabilire se abbiano adottato tutte le misure idonee per impedire il gesto del figlio.

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Il dolore della famiglia

«Siamo ancora scossi, ma questa è la prima volta che vediamo uno spiraglio di verità sulla morte di Chiara. Ma siamo ancora lontani dall’avere giustizia», ha commentato Gianfranco Jaconis, il padre di Chiara. Che ha aggiunto: «Visti i precedenti, tutto ciò poteva essere evitato. Da ciò che emerge capiamo che quel ragazzino poteva e doveva essere seguito con più attenzione». Roberta Jaconis, la sorella di Chiara, si dice «arrabbiata» perché se prima pensava a «una semplice casualità», ora è certa che quella morte si sarebbe potuta evitare: «il comportamento dei genitori, tra omissioni e negazioni, rende ancora più grave quanto accaduto».

Fin dal giorno dopo la morte, sono state tante le manifestazioni di solidarietà e di affetto da parte della città per quella morte assurda: a partire dall’altarino allestito ai Quartieri Spagnoli, nel luogo dove la giovane venne colpita. Il volto sorridente della trentenne padovana è stato poi ritratto dallo street artist Juan Pablo Gimenez ed il murale, in via Santa Teresella, è continuo pellegrinaggio di migliaia di turisti.

Un ulivo dedicato a Chiara è stato piantato nella corte di Foqus, Fondazione che opera ai Quartieri Spagnoli e, a sei mesi dalla scomparsa, il Comune di Napoli le ha reso omaggio con la piantumazione di una bouganville, «simbolo di bellezza e resilienza», su un’intera parete all’interno del Parco Viviani. In quell’occasione è stata scoperta anche una targa. Tante iniziative alle quali hanno sempre partecipato i genitori della giovane, che hanno mantenuto uno stretto legame con la città e con i napoletani.

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