Federico Salvatore: l’istrionico cantautore partenopeo tra satira e denuncia

Musica e parole per raccontare le contraddizioni di Napoli

La devozione verso figure spirituali è da sempre un elemento di speranza intrinseco, non solo di fede. Attraverso Federico Salvatore ritroviamo la figura di San Gennaro come un modello di responsabilità e solidarietà, non solo di “invocazione”, che invita all’impegno per il bene comune, portandoci a riflettere sul nostro ruolo nei confronti di ciò che ci circonda e non solo. San Gennaro si fa voce di chi troppo spesso resta inascoltato, trasformandosi in un emblema di speranza e resistenza.

Tracce di Federico Salvatore

Federico Salvatore nasce a Napoli, vicino a via Santa Teresa degli Scalzi, e impara a suonare la chitarra da autodidatta a soli 8 anni. Essendo mancino, adatta la posizione delle dita invece di invertire le corde. Dopo due anni di studi in Giurisprudenza, sceglie di seguire la sua passione per la musica, nonostante le aspettative dei genitori, che avrebbero voluto vederlo diventare avvocato.

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Gli esordi e la conferma artistica

Federico Salvatore inizia la carriera a teatro, adattando testi comici su canzoni conosciute. Approda al successo nel 1994 vincendo il concorso “BravoGrazie”, che gli apre le porte del programma “Maurizio Costanzo Show”, permettendogli inoltre ulteriori conferme artistiche con l’arrivo di due dischi di platino l’anno successivo, vendendo più di 500.000 copie per gli album “Azz…” e “Il mago di Azz”. Il 1995 lo vede ospite fisso al “Festivalbar”.

Nel 1996 Federico Salvatore si classifica al tredicesimo posto al Festival di Sanremo con il brano “Sulla porta”. Il testo tratta il difficile rapporto tra un giovane omosessuale e la madre; la parola “omosessuale” viene censurata dal testo dalla Rai, ma durante l’ultima sera del Festival il cantautore decide di cantare la versione non censurata, presente nell’album “Il mago di Azz”. L’album “Coyote interrotto” esce nel 1997, contenendo un brano dedicato a uno dei suoi idoli: Totò.

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Il Duemila: dalla satira alla denuncia

Il 2000 segna l’ulteriore riaffermazione del cantautore grazie al disco “L’osceno del villaggio” e, dopo quattro anni, all’album “Dov’è l’individuo?”, dove esprime attraverso le sue canzoni temi di denuncia riguardo al degrado della città natale e agli errori dei napoletani verso di essa.

Questa scelta comporta una minore visibilità nell’ambiente dello spettacolo; la sua musica impegnata (o “impegnativa”) prende un posto saldo nella sua carriera, guardando con maggior distacco i dischi, i brani e gli anni che lo hanno condotto al successo, come spiegherà nel brano “Homo Sapiens”.

Il 2007 segna il suo ritorno in TV nel programma “Apocalypse Show”, condotto da Gianfranco Funari. L’anno seguente Federico Salvatore è la voce recitante in alcuni brani del disco “Frequento il vento” del cantautore Zorama.

Nel 2009 arriva l’album “Fare il napoletano stanca”, con una nuova versione di “Se io fossi San Gennaro”, e nel 2011 il DVD degli ultimi anni di attività dal vivo “Se io fossi San Gennaro”, con il libro “Il dramma dell’anagramma” allegato nella versione per librerie.

La morte di Federico Salvatore

Nel 2021 viene colpito da un’emorragia cerebrale e ricoverato all’Ospedale del Mare a Napoli, dove intraprende un percorso di riabilitazione, interrotto dalla morte il 19 aprile 2023.

Il testo: Se io fossi San Gennaro

Se io fossi san Gennaro non sarei così leggero
Con i miei napoletani io m’incazzerei davvero
Come l’oste fa i conti dopo tanto fallimento
Senza troppi complimenti sarei cinico e violento

Vorrei dire al costruttore del centro direzionale
Che ci può solo pisciare perché ha fatto un orinale
Grattacieli di dolore un infarto nella storia
Forse è solo un costruttore che ha perduto la memoria
Nei meandri dei quartieri di madonne e di sirene

Paraboliche ed antenne sono aghi nelle vene
E nei vicoli dei chiostri di pastori e vecchi santi
Le finestre anodizzate sono schiaffi ai monumenti
È come sputare in faccia ai D’angiò, agli Aragona
Cancellare via le tracce di una Napoli padrona

È lo sforzo di cagare dell’ignobile pappone
Sulle perle date ai porci da Don Carlo di Borbone
È perciò che mi accaloro coi politici nascosti
Perché solamente loro sono i veri camorristi
A cui Napoli da sempre ha pagato la tangente

E qualcuno l’ha incassata con il sangue della gente
E per certi culi grossi il traguardo è la poltrona
E per noi poveri fessi basta solo un Maradona
E il miracolo richiesto di quel sangue rosso chiaro
Lo sa solo Gesù Cristo che quel sangue è sangue amaro

Lo sa il Cristo ch’è velato di vergogna e di mistero
Da quel nobile alchimista principe di Sansevero
E con lui lo sa Virgilio il sincero Sannazzaro
Giambattista della Porta che il colpevole è il denaro
E nessuno dice basta per il culto della festa

E di Napoli che resta sotto gli occhi del turista
Via i vecchi marciapiedi che hanno raccontato molto
Pietre laviche e lastroni seppelliamoli d’asfalto
L’appalto

Ma non posso più accettare l’etichetta provinciale
E una Napoli che ruba in ogni telegiornale
Di una Napoli che puzza di ragù, di malavita
Di spaghetti cocaina e di pizza margherita
Di una Napoli abusiva paradiso artificiale

Con il sogno ricorrente di fuggire e di emigrare
E di un popolo che a scuola ha creato nuovi corsi
E la cattedra che insegna qual è l’arte di arrangiarsi
Io non posso piu’ accettare l’etichetta di terrone
E il proverbio che ogni figlio è nu bello scarrafone

E mi rode che Forcella è la kasba del furbone
Che ti scambia con il pacco uno stereo col mattone
Se io fossi San Gennaro giuro che vomiterei
La mia rabbia dal Vesuvio, farei peggio di Pompei
E poiché c’ho preso gusto con la scusa del santone

Io ritengo che sia giusto fare pure qualche nome
Chiederei a Pino Daniele che fine ha fatto terra mia
Siamo lazzari felici quanno chiove ‘a pecundria
Napule è ‘na carta sporca Napule è mille paure
Ma pe’ chhiste viche nire so’ passate ‘sti ccriature

Da Pontano a Paisiello Giulio, Cesare Cortese
Da Basile a Totonno Petito fino a Benedetto Croce
Da Di Giacomo a Viviani poi Caruso coi Parisi
Da Totò ai De Filippo fino a Massimo Troisi
C’è passato Genovesi e Leopardi con orgoglio

La romantica Matilde e il Mattino di Scarfoglio
Filangieri Cardarelli tutto l’oro di Marotta
C’è passata la madonna che ora vedi a Piedigrotta
Un Luciano De Crescenzo, Bellavista di Milano
E Sofia che da Pozzuoli oggi parla americano

Un Roberto De Simone che le ha preso pure il cuore
Ora cerca di sfruttarala Federico Salvatore
Ma non posso tollerare chi si arroga poi il diritto
Di cambiare e trasformare tutto ciò che è stato fatto
Di chi vuol tagliar la corda con la vecchia tradizione

Di chi ha messo nella merda la cultura e la canzone
Io non posso sopportare che un signore nato a Foggia
Porta Napoli nel mondo e la stampa lo incoraggia
E che il critico ha concesso al neomelodico l’evento
Di buttare in fondo al cesso Napoli del novecento

Perché ancora io ci credo e mi incazzo ve lo giuro
Che Posillipo e Toledo li divide un vecchio muro
Come quello di Berlino che ci spacca in due metà
Uno è figlio ‘e bucchino l’altro è figlio di papà
Se io fossi San Gennaro giuro che mi vestirei

Pulcinella, Che Guevara e dal cielo scenderei
Per gridare alla mia gente tutto ciò che mi fa male
E finire da innocente pure io a Poggioreale

Perché come Gennarino sono vecchio in fondo al cuore
E il mio canto cittadino non farà certo rumore
Io ho capito che la vita è solo un viaggio di ritorno

Che domani è già finito e che ieri è un nuovo giorno
Sembra un gioco di parole ma mi sento più sicuro
Coi progetti del passato e i ricordi del futuro
E alla fine del mio viaggio chiedo a Napoli perdono
Se ho cercato con coraggio di restare come sono.

Setaro

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