Punito senza prove dal clan Sequino che interrogò i suoi amici
Ha tutte le caratteristiche della rappresaglia sommaria l’omicidio di Emanuele Durante, il ventenne ucciso in un agguato scattato nel traffico cittadino di Napoli il 15 marzo scorso: i carabinieri del nucleo investigativo, al termine di indagini coordinate dalla Dda, hanno arrestato due delle tre persone indagate per questo assassinio.
Si tratta di persone ritenute legate al clan Sequino, deciso a vendicare la morte di Emanuele Tufano – il 15enne vittima del «fuoco amico» durante una stesa effettuata da una paranza del quartiere sanità di Napoli ai danni del gruppo rivale di piazza Mercato – in quanto imparentato con un suo elemento di vertice.
Il raid risale al 24 ottobre 2024 e la paranza della Sanità venne respinta da quella di piazza Mercato. Nel conflitto a fuoco stile far west durante il quale vennero sparati decine di colpi, a farne le spese fu Tufano (cugino di Salvatore Pellecchia del clan Sequino) con un altro ragazzino, rimasto solo ferito. Entrambi erano in sella allo stesso scooter quanto si sono trovati sotto il tiro incrociato della loro paranza e del gruppo rivale.
La ricostruzione degli inquirenti
Tornando alla morte di Durante, secondo quanto emerso da alcune intercettazioni, sulla sua morte aleggia anche il marchio dell’infamia: voci lo volevano nella veste di traditore, di avere attirato il suo gruppo in una trappola, quella tragica notte di ottobre in cui morì Tufano, in virtù di un accordo carbonaro con la paranza di piazza Mercato.
Va sottolineato che le intercettazioni delle conversazioni dei giovani di piazza Mercato, cioé di coloro che respinsero l’attacco a colpi d’arma da fuoco, smentiscono questa prospettazione probabilmente fatta giungere ad arte alle orecchie del clan Sequino trasformando Durante in un vero e proprio capro espiatorio della morte di Tufano.
Il clan Sequino, che non aveva autorizzato quella stesa, aveva bisogno anche di manifestare la propria leadership e quindi una testa doveva cadere. E a farne le spese è stato proprio il più debole del gruppo, quello peraltro senza parentele eccellenti.
Il cugino di Tufano, Salvatore Pellecchia, subito dopo la scarcerazione si è preso la briga di interrogare uno a uno i ragazzi della paranza della Sanità senza trovare il responsabile: tutti si mostrano omertosi e alla fine l’attenzione si è concentrata su Durante, forse anche in virtù di quella voce non confermata. Neppure le forze dell’ordine sono riuscite a comprendere chi dei suoi amici è responsabile della morte di Tufano, d’altronde.
Quella notte in piazza Mercato la paranza della Sanità entrò in azione con sei scooter; a un certo punto un gruppo di motorini rimase indietro rispetto alla testa e quando i rivali si sono palesati, lo scooter di Tufano si è trovato al centro della sparatoria. Secondo i rilievi balistici è sicuro che il colpo fatale proveniva dalle pistole della paranza della Sanità. A terra vennero trovati decine di bossoli ed effettivamente, come sempre sostenuto dagli inquirenti, il bilancio di un morto e un ferito, può paradossalmente apparire positivo.