Risarcimento da 40 mila euro per ognuno dei 19 ricorrenti
«La IV sezione del Tribunale di Napoli si è pronunciata in merito al giudizio iniziato nel 2018 sulla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini residenti in Piazza San Domenico Maggiore, in particolare rispetto all’inquinamento acustico, alla salvaguardia della salute, della casa e della privacy. La decisione si allinea con quella emessa lo scorso 20 gennaio dalla X Sezione dello stesso Tribunale, nonché con l’ordinanza del 28 gennaio della IV Sezione, relativa a Vico Quercia (successivamente inspiegabilmente annullata in sede di reclamo), e con l’ormai consolidato orientamento di numerosi Tribunali e Corti d’Appello del Nord Italia, ribadito più volte anche dalla Corte di Cassazione».
Lo rende noto Gennaro Esposito, presidente del comitato Vivibilità cittadina.
«Con questa nuova sentenza – aggiunge – il Comune di Napoli è stato condannato al risarcimento di 40.000 euro per ciascuno dei 19 cittadini ricorrenti, oltre all’obbligo di attuare misure concrete per la tutela della salute, dell’abitazione e dell’ambiente. Si tratta di una pronuncia che assume particolare rilievo in una città dove le istituzioni, troppo spesso assenti nella gestione del territorio, hanno alimentato un’errata interpretazione del concetto di libertà e del cosiddetto “diritto al divertimento”, talvolta tradotti in veri e propri soprusi».
Secondo il comitato «le numerose decisioni giurisprudenziali italiane affermano chiaramente che le amministrazioni locali sono tenute, in primo luogo, a garantire i diritti fondamentali delle persone – in particolare vita, salute e abitazione – e a gestire il territorio nel rispetto delle norme. La legge, contrariamente a quanto talvolta si lascia intendere, già prevede poteri concreti di programmazione e controllo per i Comuni: lo stabiliscono il Testo Unico degli Enti Locali, il Codice dell’Ambiente, la legge sull’inquinamento acustico e altre norme, che attribuiscono anche poteri straordinari di ordinanza ai Sindaci, soprattutto nei casi in cui siano in gioco diritti essenziali».
«Dedichiamo questa pronuncia alla memoria di Piero Calamandrei, partigiano, padre costituente e avvocato civilista, che ebbe l’onere e l’onore di difendere i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dalla nostra Costituzione, che contribuì a scrivere, come incomprimibili, inalienabili e imprescrittibili. Storica rimane la sua arringa del 1956, a dieci anni dalla entrata in vigore della Costituzione, in difesa di Danilo Dolci, densa di richiami alla dignità della persona e al valore dei diritti umani come affermati nel caso di specie. La Città non è un bene di consumo», conclude Esposito.