Tra tossici e siringhe abbandonate cresce il disagio sociale a Napoli

Manfredi impegnato a fare passerelle, ignora il degrado

Non è The Walking Dead, ma il centro di Napoli. Tra tossici che si aggirano per alcune strade cittadine, soprattutto nei pressi di alcune aree limitrofe alla sezione centrale e poco controllate, e siringhe utilizzate da chi ha appena terminato di somministrarsi una dose a testimonianza del disagio sociale da cui Napoli è attualmente investita. In particolar modo, una situazione di degrado si presenta nell’area sottostante la porta di Piazza Mercato, lì dove migliaia di siringhe utilizzate sono state abbandonate a terra.

L’emergenza è palese e i cittadini chiedono insistentemente l’intervento delle istituzioni, che nel frattempo manifestano e inaugurano luoghi nelle zone limitrofe, senza mai effettivamente intervenire sul degrado che esiste. Manfredi fa le sue passerelle, chiude gli occhi mentre Napoli sta rivivendo il boom dell’eroina, già affrontato nei lontani anni ‘80. La droga non circola solo tra migranti e clochard, tra persone ai margini, ma anche tra ingiovanisismi.

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Droga tra i giovani: dal crack nei vicoli alla cocaina rosa nei locali

Nella Napoli bene è sempre più frequente l’acquisto della cocaina rosa, anche detta Tusi, consumata nei locali frequentati dall’alta borghesia partenopea. Nelle aree del centro storico, invece, a cominciare da via Giovanni Paladino, là dove terminano i locali, i giovanissimi consumano le loro dosi di ketamina, crack e cocaina. Quest’ultima è la nuova marijuana, sempre più minorenni ne fanno uso. Sotto i porticati dell’ex cinema Astra ogni weekend è un rave party a cielo aperto, nonostante i controlli sporadici delle forze dell’ordine. Accade lo stesso tra i vicoli stretti del centro storico, quelli più nascosti.

Galleria Principe, la riqualificazione mai realizzata e le promesse mancate

Qualche giorno fa «ilSud24.it» aveva già affrontato il tema della droga e del degrado in città, menzionato il progetto fallito della rigenerazione della Galleria Principe di Napoli, di fronte al Museo Archeologico.

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Un’area transennata e ripulita, solo in parte, che divide la zona in due parti contraddistinte: l’interno della galleria popolata dalla Napoli bene per i grandi eventi nei locali in voga e l’esterno, dove finiscono le zone transennate, dove i clochard continuano a sostare e un via vai di migranti e tossici che si improvvisano parcheggiatori abusivi e con il ricavato acquistano la propria dose. Il tanfo al passaggio è prepotente, così come la presenza di spazzatura e coperte che inglobano pesone pronte ad affrontare la notte. Queste ultime si confrontano sussurrando o ad alta voce, spesso litigano e al buio deambulano in maniera poco lucida.

Le promesse (mancate) delle istituzioni

Eppure la rigenerazione di quella zona, così come la ristrutturazione della Galleria, erano state garantite lo scorso anno, in questo stesso periodo, dall’assessore alle Politiche Sociali e dal sindaco Gaetano Manfredi. «È una zona di cerniera tra l’area dei musei e la zona centrale. Abbiamo un investimento importante per una riqualificazione complessiva e per un nuovo modello di gestione degli spazi», disse l’anno scorso Manfredi a margine dell’avvio dei lavori che dovrebbero terminare tra un anno. È questa la gestione degli spazi che immaginava? L’investimento previsto per la Galleria Principe è di 10 milioni di euro.

«Le unità di strada – affermava un anno fa Trapanese durante l’avvio dei lavori – hanno interagito con 20 persone che alloggiavano sotto I porticati cercando di convincerli a trovare una collocazione sostituiva nei nostri dormitori pubblici. Tra queste, solo 6 hanno accettato di essere ricollocato e seguite dai servizi sociali, già dai giorni perceedenti allo sgombero. Stamattina erano presenti solo 14 senza dimora, per lo più immigrati, che già sapevano di dover lasciare i porticati». Lo sapevano, ma pare non lo abbiano fatto.

Oppure ne sono arrivati altri, non lo sappiamo. Ciò che è certo è che i porticati non transennati continuano ad accogliere I senza fissa dimora. «Le azioni che abbiamo messo in campo – disse, ancora, Trapanese – in oltre due anni ci danno la possibilità di essere al fianco di queste persone fragili attraverso molteplici iniziative, ma soprattutto attraverso l’accoglienza, l’ascolto e la cura». Un anno è trascorso. Non resta che chiederci a che punto siamo, quali siano questi risultati e quali iniziative siano state messe in campo per evitare che la città si trasformasse in uno scenario da film dell’orrore.

Setaro

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