Sequestrato il «tesoro del Pirata» Salvatore D’Amico: sigilli a beni per 6 milioni

Si tratta di appartamenti, quote societarie, rapporti finanziari e distributori di benzina

Sequestrato il tesoro del «pirata», al secolo il boss Salvatore D’Amico. La polizia di Stato ha eseguito un decreto di sequestro finalizzato alla confisca di beni nei confronti del ras, già sorvegliato speciale, poiché indiziato di appartenere all’omonimo clan, noto anche come i «Gennarella». D’Amico risulta già condannato per appartenenza camorristica e reati connessi nella zona est di Napoli, in particolare nel rione Villa del quartiere di San Giovanni a Teduccio. L’organizzazione criminale ha consolidato la propria affermazione sul territorio sia attraverso accordi con altre organizzazioni camorristiche, in particolare con i Mazzarella, e le relative articolazioni territoriali, come il gruppo Luongo di San Giorgio a Cremano; sia attraverso la contrapposizione armata con organizzazioni rivali fra cui i Rinaldi e Reale.

In particolare, a seguito dell’attività di indagine patrimoniale condotta dagli agenti della sezione misure di prevenzione patrimoniali della Divisione polizia anticrimine della questura di Napoli, sono stati sottoposti a sequestro i beni risultati nella disponibilità effettiva di D’Amico, pur se formalmente intestati ai suoi familiari o terze persone, acquistati durante il periodo in cui ‘O pirata era criminalmente attivo sul territorio.
Il sequestro, del valore di sei milioni di euro, comprende appartamenti a San Giovanni a Teduccio, rapporti finanziari, ma anche società che operano nel settore del commercio all’ingrosso ed al dettaglio di prodotti petroliferi e lubrificanti.

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L’organizzazione criminale dei D’Amico

Quello dei D’Amico è un nome storico nello scacchiere criminale dell’area orientale. Nel ripercorrere la carriera criminale dei fratelli Gennaro, Salvatore e Luigi D’Amico si possono raccontare anni di faide e omicidi che hanno insanguinato i quartieri di Barra e San Giovanni. Una storia criminale che inizia quando si affermano i gruppi dei Mazzarella e dei Rinaldi, entrambi eredi del boss del contrabbando Michele Zaza.

Lo scontro

Una convivenza che però dura solo fino alla fine degli anni ’80, quando i Mazzarella, veri padroni di San Giovanni decidono di eliminare Antonio Rinaldi, detto ‘’o giallo’, perché preoccupati del suo desiderio di autonomina. È l’inizio di uno scontro che vede coinvolte tutte le famiglie malavitose dell’area, compresa quella dei D’Amico, inizialmente vicina ai Rinaldi e, poi, passata dalla parte dei Mazzarella.

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Un cambio di campo, spigano gli investigatori, avvenuto dopo l’uccisione di Vincenzo Rinaldi, detto ‘o guappetiello’, e di suo cognato Luigi De Marco. I D’Amico, infatti, per non perdere la posizione acquisita, decisero di allearsi con i Mazzarella che gli affidarono il controllo del Rione Villa. Questo, hanno ricostruito gli inquirenti, generò una contrapposizione tra due blocchi di camorra distinti. Da una parte i Mazzarella, alleati con i D’Amico e i Formicola di via Taverna del Ferro. Dall’altra le famiglie Reale e Rinaldi alleate degli Altamura e dei Cuccaro di Barra. Questa suddivisione, spiegano gli investigatori, anche se con vicende alterne si è tramandata fino ad oggi.

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