La vergogna: i collettivi censurano il ministro Roccella

Mattarella: «Voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà»

Contestata la ministra per la Famiglia Roccella ma anche il modello «Dio, Patria e Famiglia», l’inserimento nei consultori dei Pro Vita e l’idea che le donne «debbono necessariamente fare figli» perché «Sul mio corpo decido io». È il forte dissenso messo in atto agli Stati Generali della Natalità da parte di una cinquantina di liceali del collettivo transfemminista Aracne. Una contestazione «al governo patriarcale» che rappresenta un atto di «censura», con la ministra costretta da alzarsi e andarsene.

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La solidarietà

Poco dopo riceverà la telefonata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la sua solidarietà. «Voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione», dice Mattarella.

Solidarietà anche da Meloni, «si riempiono la bocca delle parole libertà ma poi amano la censura e impediscono ad una donna di parlare», dai colleghi dell’esecutivo e di parte dell’opposizione. Per il leader del M5s Giuseppe Conte «impedire di far parlare qualcuno è sempre negativo». Sulla stessa lunghezza d’onda Matteo Renzi, «Chi ha impedito alla Roccella di parlare è un violento».

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«È inaccettabile che alla Ministra per la Famiglia non sia stato consentito di poter svolgere il suo intervento agli Stati Generali della natalità. Si tratta di un episodio gravissimo di censura da parte di un gruppo di illiberali e intolleranti. Alla Ministra Roccella va tutta la mia vicinanza e solidarietà» dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Dissente Angelo Bonelli perché «contestare alla base della democrazia» e anche per Laura Boldrini (Pd) «il dissenso non è censura» anche se «è sbagliato non far parlare».

Il dibattito

La IV edizione degli Stati Generali della Natalità comincia con l’intervento del promotore Gigi De Palo e la sua proposta di creare un’Agenzia governativa della Natalità che «ci auguriamo possa essere discussa in Consiglio dei ministri entro la fine del 2024». Ad ascoltarlo nell’Auditorium della Conciliazione, a pochi passi dal Vaticano, un pubblico composto per la maggior parte di studenti delle scuole medie superiori e addetti ai lavori.

Al primo panel partecipano Roccella, Jessica Barcella, all’ottavo mese di gravidanza, una libera professionista precaria invitata per parlare di conciliazione ed il presidente Nazionale del Forum delle Famiglie Adriano Bordignon.

La censura

Appena la ministra prende il microfono dalla platea parte la contestazione: fischi e poi un gruppo di studentesse si alza esponendo fogli con lo slogan anni ‘70 «Sul mio corpo decido io». E poi i cori contro i Pro Vita «fuori dai consultori». Nella platea ormai sono tutti in piedi, si alza anche la Roccella e dice: «Ragazzi ma noi siamo d’accordo, nessuno ha detto che qualcun altro decide sul corpo delle donne. Ed è per questo che siamo qui perché oggi le donne non decidono fino in fondo, liberamente, se vogliono avere figli. Abbiamo questo problema».

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Ma la contestazione non si placa, nemmeno dopo un breve intervento sul palco di una delle studentesse, che tra l’altro, dice: «Ci dicono di fare figli in questo mondo quando c’è un conflitto e muoiono i bambini e non ve ne frega niente». Quindi Roccella riprova a prendere la parola ma viene accolta dal coro: «Vergogna, vergogna».

Roccella: «Si contesta è la maternità come libera scelta»

A quel punto se ne va «per far proseguire il convegno e non far subire ai miei due interlocutori la mia stessa sorte di censura -spiega- A Torino, dove la contestazione era rivolta solo a me, sono rimasta sul palco due ore. L’ho fatto per rispetto nei confronti degli altri pensando che in mia assenza i contestatori se ne sarebbero andati e così’ è successo».

Ma per Roccella è chiaro che «la contestazione non era solo nei miei confronti o del Governo, ma sul tema della natalità come dimostrano i fischi da cui è stata sommersa la mamma incinta che era sul palco con me. Quello che si contesta – ne è convinta – è la maternità come libera scelta». Una maternità che i militanti di Aracne, ribadiscono, «non deve essere il fine ultimo della donna: noi chiediamo un altro tipo di società»

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