Salvatore Coppola ucciso per 20mila euro, il presunto mandante non risponde al gip

L’uomo sarebbe stato ammazzato per una villa

Davanti al gip di Napoli Antonio Baldassarre, si è avvalso della facoltà di non rispondere il 73enne Gennaro Petrucci, marito di un simbolo dell’antiracket napoletano come Silvana Fucito, sottoposto a fermo dalla Squadra Mobile e dalla DDA di Napoli con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio dell’ingegnere Salvatore Coppola, con un passato di collaboratore di giustizia, parecchio noto in città, in particolare nel quartiere San Giovanni a Teduccio, dove è stato assassinato con un colpo di pistola alla nuca lo scorso 8 aprile.

Nel corso dell’udienza a cui hanno preso parte anche i pm antimafia Sepe e Rossi, Petrucci ha solo voluto spiegare l’origine del suo soprannome: «mi chiamano Gennaro ‘e battaglia perché gestivo la ferramenta di mia madre, Giovanna Battaglia». «Ha preferito non rispondere al giudice – spiega il suo legale, l’avvocato Antonio Bucci – esclusivamente perché vogliamo avere piena contezza dei risultati delle indagini e non perché non ci sia la volontà di collaborare con le autorità giudiziarie».

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La Procura ha chiesto che venga confermata la misura cautelare del carcere sulla base di un grave quadro indiziario invece contestato dall’indagato e dal suo legale. L’avvocato Bucci ha anche definito inopportuna la scelta di collocare Petrucci nel carcere napoletano di Secondigliano, dove c’è un reparto di «Alta Sicurezza». «Lì – ha spiegato il professionista – ci sono molte persone recluse grazie alle sue denunce e la convivenza con questi soggetti potrebbe essere pericolosa per lui».

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Il legale: «Ancora nessuna contezza dei risultati delle indagini»

Parlando con l’Ansa, dopo l’udienza di convalida del fermo nel carcere di Secondigliano, l’avvocato Bucci ha voluto anche fornire un identikit dell’imprenditore indagato: «Petrucci ha precedenti, ma per reati finanziari; possiamo dire che non è un attento imprenditore. È titolare di alcune società in default e ne ha pagato e ne sta pagando le conseguenze, visto che è imputato in vari di processi. Ha avuto tanti nemici e ricevuto contraccolpi sia per la sua attività imprenditoriale e sia in quanto marito di Silvana Fucito. Ma ha sempre reagito denunciando laddove si profilavano condotte penalmente rilevanti».

Secondo gli investigatori l’autore materiale del delitto di Coppola sarebbe Mario De Simone, 64 anni, difeso dall’avvocato Melania Costantino, che – viene ipotizzato in base ad alcune intercettazioni – avrebbe accettato di diventare un assassino in cambio di 20mila euro. Sempre secondo la Polizia di Stato e la Procura di Napoli il delitto sarebbe stato commissionato da Petrucci che così intendeva vendicarsi di Coppola per avere perso la sua villa con piscina, a causa dell’intromissione dell’ingegnere ucciso.

«Petrucci, come ha sempre fatto, – sottolinea l’avvocato Bucci – si è sempre difeso sporgendo denunce e per quanto riguarda la sua villa, ha ritenuto che fosse stata acquistata con i proventi di un’attività di riciclaggio. Inoltre non ha denunciato direttamente Coppola ma lo ha solo menzionato nella sua denuncia».

Una villa da 6 milioni di euro

«L’ingegnere, era interessato, in qualità di intermediario, alle aste, e ha fatto dei sopralluoghi nella villa di Petrucci in relazione alla vendita», ricorda l’avvocato Bucci, «era interessato all’affare, una villa da 6 milioni di euro messa in vendita a poco più di un milione, totalmente pignorata ma solo parzialmente confiscata. E, – tiene a precisare – la querelle in sede civilistica circa la pignorabilità del bene è ancora in corso».

«In relazione al pericolo di fuga posto alla base del provvedimento di fermo e legato al fatto che Petrucci dopo il delitto fosse andato in crociera, l’avvocato Bucci, spiega che quel viaggio di piacere con la moglie «era stato prenotato tempo fa». «Petrucci – conclude il legale – ha sempre avuto fiducia nella Giustizia, ha denunciato una estorsione ed è stato tutelato. Ha sempre avuto e ha ancora fiducia nella magistratura certo che anche stavolta, al termine di una indagine compiuta, emergerà la sua estraneità ai gravi fatti che gli vengono contestati».

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