Meloni: «Elezioni farsa in Ucraina occupata. Sacrificio di Navalny non sarà dimenticato»

di Marika Aiello

Dalla premier stop alla proposta di Emmanuel Macron

Lo stop alla proposta di Emmanuel Macron. E il tentativo di non esacerbare i rapporti nella maggioranza, sottolineando che quello che conta sono i voti in Parlamento che mostrano come il governo sia «unito, compatto e determinato». Oggi come il primo giorno. Giorgia Meloni si presenta con profilo istituzionale in Senato per le comunicazioni in vista dell’ultimo Consiglio europeo ordinario (ce n’è solo uno ulteriore, straordinario, in programma ad aprile), prima che scatti ufficialmente la corsa alle elezioni di giugno.

Ogni parola è studiata e pesata perché il voto in Russia ha messo in evidenza distinzioni tra i partner a livello internazionale sia perché potrebbe innescare incendi in casa. Matteo Salvini non c’è, ufficialmente impegnato al Mit come fanno sapere i suoi. Prendere le distanze dall’uscita del leader della Lega sarebbe come certificare che in maggioranza un problema c’è, e pure grosso, si ragiona in Transatlantico a Palazzo Madama. Invece bisogna mostrare unità. E coesione.

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Quindi la premier, ribadendo il sostegno a Kiev nella ricerca di una «pace giusta», osserva che Mosca ha «sistematicamente violato gli accordi sottoscritti e il diritto internazionale» da anni e difende la scelta di sottoscrivere un patto «pluriennale di sicurezza» con l’Ucraina.

E poi sottolinea che il «sacrificio di Navalny in nome della libertà non sarà dimenticato e che il il governo «condanna» le elezioni «farsa» ma «in territorio ucraino», occupato da Mosca (parole «ambigue» che «non chiariscono la sua posizione su Salvini», la incalza il Pd). E boccia l’idea francese di un intervento diretto in Ucraina perché rischierebbe di innescare «una escalation pericolosa, da evitare a ogni costo». Parole che confermano «la linea responsabile e di buon senso del governo italiano», fa sapere subito dopo la Lega, sottolineando la «piena sintonia» tra il vicepremier e Meloni.

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La presunta tensione con Salvini

Ma a Palazzo Madama è stata notata, e non solo dalle opposizioni, l’assenza di Salvini, che in mattinata è stato anche a Palazzo Chigi ma per presiedere la cabina di regia sull’emergenza siccità. «Salvini non c’era, immagino avrà avuto qualche impegno», commenta il presidente dei senatori della Lega Massimiliano Romeo interpellato mentre lasciava palazzo Madama al termine delle comunicazioni del presidente del Consiglio. Un giro di parole che lascia trapelare una presunta tensione su questo argomento.

Nel suo intervento, meno di mezz’ora, la premier chiede il sostegno su Kiev e sul Medio Oriente all’Aula tutta, in cui si registrano scintille sulle parole di Roberto Menia sugli atteggiamenti «femminei» del presidente francese che poi fa richieste «muscolari». E c’è pure l’incidente del gesto di una pistola rivolta a lei da parte di uno studente di un liceo romano che assisteva in tribuna. Alla fine arriva il via libera alla risoluzione di maggioranza mentre si votano per parti separate le altre 5.

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Meloni affronta tutti i temi del prossimo Consiglio, a partire dal Medio Oriente (con l’opposizione ribadita a una missione militare terrestre di Israele a Rafah) fino all’agricoltura, che è entrata nell’agenda, come rivendica, su pressione italiana, tanto che ad accompagnarla a Bruxelles, giovedì e venerdì, ci sarà anche il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Gli affondi alle opposizioni

Con la replica arriva, come oramai da copione, il cambio di registro: Meloni alza la voce e non risparmia affondi nei confronti delle opposizioni. Soprattutto verso il leder del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte che ha suggerito a Volodymyr Zelensky «di mettere la cravatta per cercare la pace». «Probabilmente – l’attacco all’ex premier – il presidente Conte riteneva al tempo che a governare l’Italia ci sarebbe stata la sua pochette. La politica estera è una cosa più seria». C’è poi l’affondo contro chi tratta «come paria» i governi «che non hanno un governo compatibile con le vostre idee», rivolto al dem Filippo Sensi che aveva visto in Ue «il premier ungherese Orban» fare «gli interessi di chi frena sull’Ucraina» come fa in Italia «la Lega di Salvini». Oggi è l’Ungheria, ieri era la Polonia ma Varsavia, la stoccata della premier, «è diventata un paese di serie A perché ha cambiato governo».

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