Sul terzo mandato il Pd va in frantumi: al Senato vota contro ma il partito si spacca

Bonaccini contro la Schlein: Non è stato rispettato l’accordo

Con fare schizofrenico, in poche ore il Pd è riuscito a votare compatto in Senato e poi, sulla medesima vicenda, a far riaccendere una polemica interna che pareva in via di spegnimento. È successo su un tema che da tempo divide il partito, quello del terzo mandato per i governatori.

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L’emendamento della Lega è stato bocciato in commissione Affari costituzionali con un voto che ha diviso il centrodestra – a favore la Lega e contrari FdI e FI – e che ha trovato sullo stesso fronte una buona buona fetta delle opposizioni: hanno votato «No» tutti gli esponenti di Pd, M5s e Avs. Ma dopo, la minoranza interna al Pd, ha palesato il suo «forte disappunto» per come ha votato il partito. Dopo mesi di botta e risposta fra sindaci e governatori Pd (che chiedono il terzo mandato) e la segretaria Elly Schlein (che frena), sembrava che fosse stata firmata la tregua.

Non è così. Ieri pomeriggio, Energia popolare, cioè la minoranza interna guidata dal governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, ha fatto uscire una presa di posizione durissima: «Non è stato rispettato l’accordo preso in direzione e non si è salvaguardata l’unità del partito».

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Il riferimento è all’intesa che era stata raggiunta in direzione sulla proposta della segretaria di un tavolo di lavoro del Pd che si confrontasse su una riforma complessiva degli enti locali e quindi anche sul terzo mandato. Grazie a quello, il clima sembrava cambiato. Invece, in poche ore il trambusto.

La riunione al Senato

In mattinata c’era stata una riunione del gruppo al Senato per decidere la linea da tenere sul voto in commissione. Il clima è stato descritto «pacato»: tutti i senatori si sono detti d’accordo a tenere un atteggiamento «netto di contrarietà ai giochini della destra». I distinguo sono stati sul come, fra chi voleva votare «No» e chi, come Alessandro Alfieri, di Energia popolare, ha chiesto che il Pd non partecipasse al voto, per non far esprimere il partito in maniera palesemente contraria al terzo mandato.

A chiudere la diatriba – è stato raccontato – è stato Dario Franceschini, che ha chiesto di guardare anche alle altre opposizioni, per non rompere il fronte coi Cinque stelle a pochi giorni dalle elezioni in Sardegna, dove Pd e Movimento sostengono Alessandra Todde.

Così è stato: «No» di M5s e Pd con Avs. Ma qualche ora dopo è scoppiata la polemica: «Ora andrà gestito anche il malcontento di sindaci e presidenti – è stato l’avvertimento dei bonacciniani – Se ne dovrà discutere appena dopo il voto in Sardegna».

Fra i parlamentari vicini a Schlein, c’è chi ha accolto la presa di posizione di Energia popolare con un misto di sorpresa e stizza: «Al momento fondamentale, quello del voto, il Pd è stato compatto – rilevava un deputato in Transatlantico – Questo è quello che conta. Dov’erano i bonacciniani? La destra si è divisa, noi no. Non facciamo il loro gioco».

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