Corsa contro il tempo per salvare l’ex Ilva: si rischia lo spegnimento degli impianti

Il Mimit: «Fare tutte le azioni necessarie per garantire la continuità produttiva dell’ex Ilva»

L’ex Ilva rischia di spegnersi. L’allarme dei sindacati è sempre più forte. Si muove in parallelo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, mettendo in campo i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti, e Invitalia. Il Mimit detta la linea: «Fare tutte le azioni necessarie per garantire la continuità produttiva». I commissari chiedono ad Acciaierie «aggiornamenti urgenti sullo stato di funzionamento degli impianti e le iniziative in corso di svolgimento». Ma non solo, perché a questo si aggiunge la richiesta di una ispezione.

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Va in pressing anche Invitalia che avrebbe inviato una comunicazione ad Acciaierie d’Italia e Acciaierie d’Italia Holding invitando «ad assumere tutte le iniziative necessarie per garantire la continuità aziendale e la sicurezza dei lavoratori e degli impianti». Invitalia avrebbe espresso «grande preoccupazione» circa un eventuale spegnimento degli impianti, sottolineando «le gravissime conseguenze potenzialmente disastrose e irreversibili, in particolare per i lavoratori, per i fornitori, oltre che per la continuità aziendale». L’allarme dei sindacati è andato via via crescendo.

La ricostruzione dei sindacati

Dettagliata la ricostruzione del segretario generale della Uilm, Rocco Palombella: «A Taranto è in atto da giorni la fase di spegnimento di diversi impianti, che ha già comportato la fermata dell’altoforno 2 e la preparazione allo stop delle batterie coke. Tutto questo si aggiunge alla fermata dell’altoforno 1 lo scorso agosto, dell’acciaieria 1, dell’agglomerato e di molti altri impianti». Per il leader della Uilm è in atto un «processo distruttivo», una «situazione di estrema gravità con rischi per la sicurezza dei lavoratori e la continuità produttiva».

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Delinea uno scenario cupo anche la Fiom: «Tutti gli stabilimenti ex Ilva, da Taranto a Genova, fino a Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Legnaro, sono di fatto fermi con le lavoratrici e i lavoratori in cassa integrazione». «Così si compromette la continuità produttiva – afferma il coordinatore nazionale siderurgia, Loris Scarpa – occorre intervenire immediatamente per mettere in sicurezza gli impianti, la salute, la sicurezza dei lavoratori e l’ambiente».

Acciaierie d’Italia

Intanto si fa sentire anche Acciaierie d’Italia, che risponde ai sindacati precisando che «eventuali spostamenti di personale avvengono come sempre nel pieno rispetto delle vigenti disposizioni di legge e di contratto». Analogo rispetto, precisa l’azienda, per le norme che riguardano «la sicurezza del personale e degli impianti». Insomma si apre un ennesimo fronte da presidiare per il governo mentre prosegue, in punta di diritto, il braccio di ferro per il divorzio da Arcelor Mittal.

Entro il primo febbraio è attesa una risposta alla lettera che Invitalia ha indirizzato, il 17 gennaio, ad Acciaierie d’Italia holding e Acciaierie d’Italia chiedendo la verifica dei presupposti per avviare le procedure che portano all’amministrazione straordinaria. Nel frattempo si susseguono le interlocuzioni per trovare nuovi soci privati e a Palazzo Piacentini, sede del Mimit, si lavora anche per tutelare le aziende dell’indotto dagli effetti di un ipotetico commissariamento.

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Nei giorni scorsi il ministro Urso ha annunciato un pacchetto di misure ad hoc, tra le quali l’istituzione di un fondo di sostegno specifico. Prosegue al contempo lo scontro politico. Torna a parlare del dossier la segretaria del Pd, Elly Schlein: «Ho incontrato i lavoratori dell’ex Ilva di Genova, una fabbrica che ha fatto la storia della città e del Paese, siamo al loro fianco per continuare a chiedere che si garantisca il futuro produttivo e occupazionale con una scelta: quella di farla tornare un’azienda pubblica».

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