Appalti rifiuti, rinviati a giudizio il sindaco Carlo Marino e altri 12 indagati

Coinvolti politici, dirigenti comunali e imprenditori

Il giudice per l’udienza preliminare di Napoli Anna Tirone ha rinviato a giudizio il sindaco di Caserta Carlo Marino (Pd) in relazione all’indagine della Dda di Napoli sul giro di appalti pubblici nel settore della raccolta rifiuti indetti da comuni delle province di Caserta e Napoli e ritenuti truccati.

Stessa decisione dell’autorità giudiziaria anche per l’imprenditore dei rifiuti Carlo Savoia, ritenuto dalla Dda vicino al clan dei Casalesi, il sindaco di Curti Antonio Raiano, il comandante della Municipale Iginio Faiella, l’ex funzionario del Comune di Caserta Giuseppe D’Auria e l’ex dirigente Marcello Iovino, l’imprenditore titolare dell’azienda di rifiuti Lea Angelo Egisto. Complessivamente sono tredici le persone rinviate a giudizio anche per traffico di rifiuti e turbativa d’asta.

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Chi esce dal procedimento

Il gup ha invece assolto in abbreviato, con formula piena perché «il fatto non sussiste», gli imputati Michele Oliviero e Andrea Guadagno, titolari dell’azienda di rifiuti Bema (coinvolta nell’indagine) e accusati di traffico illecito di rifiuti, il dirigente del Comune di Lusciano – rispondeva di turbativa d’asta – Edoardo Cotugno (i tre erano difesi tutti da Mario Griffo); sono stati invece prosciolti dal gup l’ex assessore del comune di Aversa nonché avvocato lavorista Paolo Galluccio («per non aver commesso il fatto» e difeso da Raffaele Costanzo e Alfonso Quarto), cui la Dda aveva contestato la turbativa d’asta per presunta manipolazione del bando relativo all’appalto dei rifiuti, e gli imputati Ernesto Scamardella, Pasquale Vitale e Salvatore Merola.

L’indagine, partita nel 2018, portò a sei arresti il 21 dicembre 2021: furono i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (Noe) ad eseguire le misure restrittive emesse dal Gip di Napoli Ambra Cerabona, una in carcere a carico di Carlo Savoia, e le altre cinque ai domiciliari nei confronti del dirigente del Comune di Caserta Giuseppe D’Auria, dell’ex dirigente sempre del Comune capoluogo Marcello Iovino, del sindaco di Curti Antonio Raiano, del comandante della Municipale di Curti Iginio Faiella e del collaboratore di Savoia, Gennaro Cardone (oggi rinviato a giudizio); da allora tutti sono tornati in libertà.

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L’indagine della Dda

Per la Dda di Napoli (sostituti Fabrizio Vanorio e Maurizio Giordano), che aveva chiesto il rinvio a giudizio di tutti i 19 indagati più le quattro società coinvolte (Xeco, Lea, Bema e Fontedil), sarebbero state almeno 44 le gare d’appalto bandite da altrettanti Comuni delle province di Caserta, Napoli, Salerno, Benevento, Latina e Potenza nel settore dei rifiuti solidi urbani, che sarebbero state «aggiustate» dall’imprenditore Carlo Savoia, e dai suoi collaboratori, con la complicità di alcuni sindaci e dei funzionari pubblici, anche se poi nella richiesta di rinvio a giudizio sono state individuate sette parti offese (Comuni di Caserta, Aversa, Cardito, Lusciano, Curti, Villa Literno e l’assessorato all’ambiente della Regione Campania).

A Caserta la gara d’appalto «truccata» si è svolta nel 2018 davanti alla stazione appaltante dell’Asmel, vi prese parte anche l’azienda di Savoia, la Xeco srl (destinataria della richiesta di rinvio a giudizio), ma alla fine l’appalto non fu aggiudicato. Per gli inquirenti è Savoia la figura centrale dell’indagine. L’ imprenditore è ritenuto dalla Dda uno dei «colletti bianchi» a servizio del clan. Nell’ordinanza di arresto il Gip Cerabona scrisse che «l’inizio della sua fortuna imprenditoriale è stata delineata dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Luigi Cassandra, Giuseppe Valente e Nicola Schiavone che, sostanzialmente, lo hanno definito un imprenditore legato a Nicola Ferraro, Nicola Cosentino ed in ultima analisi al clan dei Casalesi».

Per la Dda Savoia avrebbe predisposto «i capitolati speciali di gara ed i relativi bandi per conto delle stesse amministrazioni appaltanti», avrebbe consegnato «i documenti così predisposti dagli associati alle stazioni appaltanti (nelle persone di taluni funzionari o esponenti politici collusi con gli associati, taluni dei quali non ancora identificati)», e avrebbe preso parte «alle gare di appalto dichiarando di possedere i requisiti tecnici richiesti dal bando, e aggiudicandosi le relative gare».

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