Il Mezzogiorno è la terza economia dell’area Euro-mediterranea

di Mimmo Della Corte

L’Italia è il Paese che nel 2023 crescerà più di tutti in Europa. Parola di Gentiloni

Eppur ci sono. Anche in una settimana funestata dalla tragica alluvione in Emilia e Romagna, non sono mancate le notizie positive per l’Italia che avrebbero meritato di essere evidenziate, ma che sono passate sotto silenzio. Comincio dal «tacco».

Un’analisi della Corte dei Conti su ristrutturazione e rinnovamento tecnologico del patrimonio sanitario con i fondi ex art. 20, fa sapere che il Sud, nel triennio ‘20-’22, passando da 273 a 393 milioni investiti, ha speso ben il 43,85% in più rispetto al 2019; mentre il Nord-Est ha investito il 30.59% in più; il Nord-Ovest, +17,61%, il Centro +29.01% e le Isole +24,16%. E dal Forum «verso Sud» dell’House Ambrosetti arriva la notizia che fra le 45 economie analizzate nel contesto dell’analisi socio, economica e geopolitica, quella meridionale è la terza dell’area euro mediterranea.

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Dai dati diffusi da Gentiloni, risulta che l’Italia è il Paese che cresce di più in Europa e chiuderà il Pil 2023 a +1,2% contro il + 0,2 della Germania, il +0,7 della Francia e il +1,1 della media europea. Cosa che non accadeva da anni. Le nostre imprese hanno resistito benissimo alle difficoltà da lockdown e guerra in Ucraina dell’ultimo triennio.

Annunciando il piano per la reindustrializzazione della Francia, Macron ha chiesto all’Ue di fermare il talebanismo ambientalistico che, anziché portarci nel Paradiso del «Green deal», sta precipitando all’inferno l’economia reale comunitaria e le sue eccellenze. Cosa che Meloni va dicendo da tempo, ma «lorsignori» fingono di non sentire, si sono accorti, però, che il ministro transalpino Darmanin ha rinnovato le proprie offese alla premier. Purtroppo, le inefficienze dei «sinistrati» sono sempre colpa degli altri.

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La regione feudo rosso

Non è un caso se nel commentare gli eventi dell’alluvione in Emilia nessuno abbia ricordato che la regione è da sempre feudo rosso e la responsabile della prevenzione (che nessuno ha fatto) era della neo segretaria Pd, Schlein. Anzi – mentre il Governo è intervenuto con risorse e il blocco di tasse e mutui – lei si è limitata a un grottesco: «non sono una tecnica».

E per finire, l’esecutivo tricolore ha concordato con Francia e Germania, di localizzare a Milano la sezione del tribunale europeo dei brevetti. E visto che dopo il disastro emiliano romagnolo, l’Europa rischia un’ulteriore accelerata dei provvedimenti contro il cambiamento climatico, è doverosa una riflessione su quanto fatto in questi 23 anni dall’Ue, istituzione che pur conquistando sempre più spazio fra i cittadini non è mai riuscita a convincere tutti.

E anche su questo fronte, chiunque la pensi diversamente dal gregge – e sottolinei i rischi connessi ai deliberati di Strasburgo – si ritrova al bando, tacciato di euroscetticismo e d’inimicizia per l’Europa. Che, a dire degli euroeuforici, una volta entrata a regime avrebbe dovuto arricchire noi e blindare la pace.

Orbene alla luce di quanto successo, si può dire che le cose siano andate nella direzione giusta? No! Anzi, sotto il profilo economico più che darci benessere (tra sanzioni alla Russia, che hanno colpito anche noi, inflazione, tassi Bce che crescono e fanno esplodere i mutui etc.) ci sta riducendo in brache di tela e dopo quasi 80 anni di pace, siamo al centro di una guerra per procura che sembra non arrivare mai alla fine.

Le pressioni su Bruxelles

La politica sanitaria e, quindi, di cure e di vaccini è condizionata dall’Oms finanziata per l’80% da Bill Gates, Big Pharma, i Clinton e case farmaceutiche; e a suggerire le ecofollie dell’Ue sono la Trasport&Environment, foraggiata da Ong liberal, e lobby americane. C’è da chiedersi: ma l’Ue e la mamma delle istituzioni pubbliche comunitarie o è la «capa» di tutte le lobby e lavora per arricchire loro e loro padroni?

Per onestà intellettuale bisogna riconoscere che a Bruxelles per la trasparenza esiste un registro al quale i gruppi di pressione devono iscriversi per poter circolare negli uffici, e sono ben 12.143 i registrati. Ma sui loro «affarucci» con l’Europa non si sa altro. Un esempio? Vi ricordate dei messaggini privati coi quali la Von der Leyen e l’ad di Pfizer Bourla avrebbero concordato un aumento del contratto da 1,8 miliardi di euro per la fornitura di dosi aggiuntive ai Paesi Ue? Non se ne saprà più niente! La presidente li ha cancellati. Questioni di… «cancel culture»!

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