Governo e Pnrr: un piano per potenziare la Pubblica amministrazione

di Chiara Langella

Def: verso crescita a +0,8/0.9%

Per mettere al sicuro il Pnrr, si lavora anche a potenziare la P.a. La messa a terra del Piano ha messo sotto «stress» la struttura burocratica della pubblica amministrazione, che «probabilmente non era e non è all’altezza di sostenere questo tipo di choc di domanda», per dirla con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che nel fine settimana ha annunciato misure per «migliorare l’organizzazione della struttura della Pubblica amministrazione per il Pnrr».

Si sta lavorando a un provvedimento, che potrebbe approdare in Consiglio dei ministri giovedì, per rafforzare la capacità amministrativa di enti centrali e locali: non sarebbe riferito in particolare al Pnrr, come invece il decreto legge su semplificazione e governance, varato a fine febbraio e ora all’esame del Senato. I tempi slittano di qualche giorno, il voto in Aula dovrebbe arrivare dopo Pasqua, e poi quello alla Camera necessariamente entro la scadenza del 25 aprile. Non è escluso più avanti un nuovo decreto, per incrementare le strutture dei ministeri.

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Dopo Pasqua, in Consiglio dei ministri dovrebbe approdare il Documento di economia e Finanza. Il «miglioramento» delle previsioni per il 2023, di cui ha parlato Giorgetti, dovrebbe rispecchiarsi, secondo il Sole 24 ore, nell’obiettivo di crescita che dovrebbe alzarsi al +0,8%/+0,9%.

Il dossier Pnrr

Il Pnrr resta uno dei dossier più caldi a Palazzo Chigi, e anche su questo (così come sulla questione migranti) Giorgia Meloni farà un punto martedì. «Purtroppo l’attuale governo si è trovato a dover risistemare molte cose che non vanno perché il piano è stato fatto in modo troppo frettoloso dal governo Conte II», è il pensiero di un fedelissimo della premier, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. «Che ci siano delle criticità noi lo abbiamo sempre detto, noi di FdI – ha ricordato a Radio 24 – ci siamo astenuti dal votarlo in Parlamento».

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Ora l’esecutivo è in una fase di valutazione: da un lato si cercano di superare le osservazioni della Commissione europea sugli obiettivi di fine 2022, così da sbloccare la terza tranche di pagamenti, e dall’altro si sta facendo una ricognizione per individuare i progetti che difficilmente potrebbero essere completati a fine 2026, concentrandosi su quelli prioritari. Resta in bilico lo stadio di Firenze, meno incerta sarebbe la situazione del Bosco dello sport di Venezia. Oltre a questi due progetti, Bruxelles ha acceso un faro anche sulle concessioni portuali e sul bando per il teleriscaldamento: il negoziato è in corso.

Di certo, è il ragionamento che si fa nel governo, non si toccano i progetti che riguardano la sicurezza energetica, le infrastrutture di trasporti e quelle digitali. Non dovrebbe generare criticità, secondo quanto filtra, lo stop al rilascio delle autorizzazioni al fotovoltaico in Sicilia, annunciato dal governatore Renato Schifani. Dopo Pasqua il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto si confronterà con gli altri ministri, chiamati a definire criticità e potenziali soluzioni per i rispettivi obiettivi, e a cavallo fra aprile e maggio dovrebbe riferire al Parlamento. A fine aprile c’è l’appuntamento con la Commissione Ue, per presentare la proposta di Pnrr integrato con il RepowerEu.

L’errore a monte

Da quel cruciale confronto si capiranno le prospettive del Piano italiano. Un Piano con un «errore a monte», secondo Ercole Incalza, ingegnere per 14 anni dirigente del Ministero delle infrastrutture: «Sono stati presentati circa 179mila progetti, di cui 68mila nel Sud – ha detto a Il Giorno -. Quelli che hanno avuto già il disco verde da parte del ministero sono poco più di 12mila». Il fronte dei sindaci è da giorni in fibrillazione, soprattutto quelli delle grandi città si fanno avanti per reclamare le risorse legate a obiettivi eventualmente esclusi dal Piano.

«Noi – ha ribadito da Milano Giuseppe Sala – abbiamo progetti nel cassetto per rifare scuole, case popolari, per comperare bus. Se ci danno i fondi li investiamo. Non vogliamo togliere fondi a nessuno. Io ho detto che siamo pronti a investirli, se ci sono. Se ci sono fondi inutilizzati, che facciamo? Li buttiamo via?».

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