La Scozia si è data un nuovo premier: il musulmano Humza Yusaf

di Eugenio Preta

La battaglia per la secessione dalla Gran Bretagna probabilmente non costituirà più una priorità

Viviamo un’epoca di vuoti assoluti, una società contemporanea che, pur se vigliaccamente reclama i suoi eroi, nei paradossi del suo linguaggio comune condanna ogni forma di eroismo. Così ci sono state battaglie politiche identitarie che hanno incarnato ancora il mito dell’eroe come ci era stato trasmesso da letteratura, poesia, dalla scuola di una volta, da quel cinema che proprio di eroi ancora vive e si nutre. La memoria, parlando di indipendentismo, ed oggi dell’attualità scozzese, corre immediatamente a James Bond, l’eroe di noi tutti, al secolo Sean Connery.

Come William Wallace, l’eroe dell’indipendenza delle Highlanders, più conosciuto come il Braveheart di hollywoodiana memoria, Sean Connery portava una scritta tatuata sulla spalla “Scottland forever”, e ai suoi detrattori che gli rimproveravano di vivere alle Bahamas rispondeva che appena avesse visto una Scozia libera sarebbe ritornato senz’altro ad Edimburgo ed intanto proseguiva la sua crociata per l’indipendenza del suo paese.

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Tutto passa ed oggi Edimburgo ha finito di piangere Connery e in un mondo dove tutto ormai si lega, economia, politica, mercati e borse, il coraggio dell’indipendenza è rimasto prerogativa di pochi, patrimonio dei pochissimi. Non sarà certamente il caso del nuovo primo ministro scozzese, il musulmano Humza Yusaf. Non più rubicondo e con i capelli rossi ma con barba nerofumo e pelle molto ambrata.

Humza Yusaf, succede dunque alla dimissionaria Nicolona Sturgeon e la sua prima dichiarazione ha voluto essere di conforto per i partigiani del PNS garantendo che farà di tutto perché il suo Paese possa accedere all’indipendenza. Ma in una Scozia dove ormai non c’è più da difendere un’identità minacciata dallo Stato centrale, diventa pure normale che Yusaf diventi il primo leader musulmano a guidare uno Stato ed un partito importanti del Regno Unito.

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L’indipendentismo scozzese che è stato sempre guardato con simpatia dalla sinistra europea – ben distinto dal nazionalismo che in Europa si è spesso legato alla destra, se non proprio all’estrema destra e alle ideologie xenofobe – oggi, con l’ascesa di Yusaf finisce di rappresentare un modello alternativo. In pieno 2023 non possiamo permetterci quindi di scherzare sul fatto che un’indipendentista scozzese possa chiamarsi Humza Yusaf ma possiamo sicuramente dirci quanto sia cambiata la Scozia: la djellaba ha sostituito il kilt, la rottura del digiuno del Ramadan ha preso il posto del whisky e la preghiera musulmana ha sostituito i cori cattolici o le orazioni protestanti.

I giornali più cattivi hanno condiviso le foto del primo ministro britannico Rishi Sunak, di quello scozzese Humza Yusaf e del sindaco di Londra Sadiq Khan per dimostrare il grande cambiamento ormai ben avviato che sta sostituendo, nella classe politica britannica, i lord dal colorito diafano ed i denti cavallini con musulmani e oriundi pachistani, ironie che il nuovo premier scozzese non ha certo smorzato quando ha pubblicato foto che lo ritraevano nel momento di dirigere la preghiera familiare, alla fine del digiuno del Ramadan.

Quanto al discorso politico, Yusaf ha promesso di portare avanti l’agenda di centro sinistra socialmente inclusiva portata avanti dal partito nazionalista scozzese nell’era Sturgeon. La contraddizione che gli hanno rimproverato i commentatori è stata quella di non aver partecipato al voto finale sui matrimoni omosessuali del 2014, lasciando immaginare un’interferenza dei leader musulmani e di non riuscire a impedire che la sua fede possa influenzare il suo governo, specialmente dopo la campagna a favore della comunità LGBTQ+1 portata avanti dal suo predecessore.

Brutte notizie poi per le istanze indipendentiste: la battaglia per la secessione da Londra, attualmente in una fase di stallo, probabilmente non costituirà più una priorità per il partito, specialmente di fronte ai sondaggi che danno fortemente in calo i consensi per l’indipendenza (al di sotto del 50%) e una crisi organizzativa che ha fatto passare il SNP (PNS) dai 104.00 iscritti ai 72.000 del 2021.

Un ‘effettiva eclissi della stessa idea indipendentista, alla fine, confermata inesorabilmente dalle dichiarazioni del nuovo premier scozzese che ha comunicato che la tenuta di un nuovo referendum per l’indipendenza non viene più considerata una priorità del governo ed ha declassato la spinta indipendentista primaria subordinandola ai risultati delle prossime elezioni, che essi stessi saranno considerati come un referendum de facto sul possibile addio a Londra, con buona pace di sir Wallace, Braveheart e James Bond.

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