Cospito lascia l’ospedale: torna nel carcere di Opera

L’anarchico: «Ora andrò avanti ad acqua e sale, niente più zucchero»

Le condizioni di salute di Alfredo Cospito sono «stazionare» al punto da consentire il ritorno nel padiglione del Servizio assistenza intensificata del carcere di Opera. E’ quanto deciso ieri dai medici dell’ospedale San Paolo di Milano dove l’anarchico, in sciopero della fame contro il 41 bis da oltre quattro mesi, trovava ricoverato dall’11 febbraio scorso.

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Il 55enne rientra quindi nel reparto del penitenziario attrezzato e in grado di fornire l’assistenza necessaria al detenuto, così come confermano fonti del ministero di Giustizia: «sarà assicurata la massima attenzione alle sue condizioni di salute». Il trasferimento è stato deciso a distanza di tre giorni dalla decisione della Cassazione che ha respinto l’istanza del difensore, l’avvocato Flavio Rossi Albertini, dopo il «no» del tribunale di Sorveglianza al reclamo avanzato per chiedere l’annullamento del regime del carcere disposto il 4 maggio dell’anno scorso dall’allora Guardasigilli Marta Cartabia per quattro anni.

Dopo la decisione degli ermellini, il detenuto è tornato a rifiutate gli integratori. Ma non solo. «Ora andrò avanti ad acqua e sale, niente più zucchero» ha fatto sapere, secondo quanto riferiscono i suoi legali. Sabato l’anarchico è stato visitato dal consulente di parte: i «parametri vitali tengono ma siamo in presenza di una grave denutrizione», ha spiegato il consulente. Per il medico la situazione è ancora sotto controllo ma «potrebbe aggravarsi di giorno in giorno alla luce della sospensione degli integratori». E domani Cospito incontrerà il difensore e in quella sede verranno valutati i prossimi step.

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La Cassazione e l’ordine pubblico

Entro qualche giorno la Cassazione depositerà le motivazioni alla decisione presa nel corso della camera di consiglio del 24 febbraio e non è escluso che la difesa possa presentare una nuova istanza al Tribunale di Sorveglianza davanti al quale verrà trattata anche l’impugnazione alla decisione del ministro Nordio che il 9 febbraio ha respinto la richiesta di sospendere il 41 bis.

Sul fronte dell’ordine pubblico, intanto, l’allerta resta alta. Sui siti web riconducibili alla galassia anarchica continuano ad essere pubblicati messaggi di minaccia, dopo i tre pubblicati nei giorni scorsi in cui si esortava ad «attaccare il potere» e «vendicare la morte imminente».

«Se oggi qualcuno spera di mettersi al riparo dalla rabbia degli anarchici – si legge su un lungo testo comparso oggi in rete – si sbaglia di grosso. Siete tutti responsabili, che siate maledetti!». I militanti puntano il dito contro la decisione della Cassazione che viene definita come un «provvedimento della macchina da guerra repressiva che viene ordinato direttamente dal ministro della giustizia. Nessun dubbio dunque – proseguono gli anarchici – sulle responsabilità di questa decisione: richiesto dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ordinato dal ministro della giustizia del precedente governo Draghi, Marta Cartabia, confermato dall’attuale ministro del governo Meloni, Carlo Nordio, il provvedimento è responsabilità dello Stato italiano nella sua interezza».

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