Giorgia Meloni: «Macron ha sbagliato, un errore spaccare l’Ue»

La presidente del Consiglio: «Non c’è un’Europa di serie A e serie B»

Nessun passo indietro, nessun abbassamento della tensione. Emmanuel Macron ha «sbagliato politicamente». Nella sua prima conferenza stampa a Bruxelles da quando guida il governo, Giorgia Meloni non nasconde che il rapporto tra Italia e Francia è cambiato. L’invito dell’Eliseo a Volodymyr Zelensky e Olaf Scholz, a poche ore dal Consiglio europeo, diventa quasi un assist per la premier che vuole la fine «di un’Europa di serie A e serie B»: «Perché se affonda la nave, si ricordi il Titanic, affondiamo tutti, non conta quanto hai pagato il biglietto». Lo scatto di Macron, Scholz e Draghi sul treno per Kiev, d’improvviso, appare lontanissimo.

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«Quando l’Italia non è d’accordo deve dirlo. Non basta stare in una foto per descrivere la nostra centralità», è la linea tracciata da Meloni al termine di un summit dove, ha rimarcato, sono stati fatti «passi importanti» su migranti e dossier economici. La conferenza stampa, in uno Justus Lipsius che già si preparava al weekend, non è stata usuale. Non lo è stato l’orario: di mattina e non in piena notte, a fine vertice, come hanno fatto gli altri leader. Non è marginale neanche la congiuntura temporale. Domenica e lunedì ci sono le Regionali.

Nel Lazio e in Lombardia non conterà solo chi vince, ma la differenza di voti tra Fdi, Lega e FI. E a rispondere per le rime al presidente transalpino, forse non a caso, è stato mezzo governo. «E’ stato un errore della Francia non coinvolgerci con Zelensky, visto che c’è un Trattato del Quirinale», ha scandito il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «La spocchia di Macron è incomprensibile», ha rincarato la dose l’altro vicepremier, Matteo Salvini.

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L’isolamento di Roma lettura provinciale

Da Bruxelles, nel frattempo, Meloni spiegava come l’Italia, anche senza il sostegno francese, ha ottenuto «un cambio di approccio» sul delicato dossier migratorio. «I rapporti con la Francia non sono compromessi» e parlare di isolamento di Roma, ha osservato, «è una lettura provinciale». A Parigi con Zelensky «c’erano due presidenti, e non gli altri 25», ha ricordato Meloni, negando anche un allineamento con i Visegrad come ritorsione alla Francia: «Ho visto Petr Fiala e Mateusz Morawiecki perché siamo nello stesso partito».

Fonti di governo osservano come in una Ue dove le tradizionali alleanze stanno mutando, l’Italia non vuole essere inquadrata in un certo sottogruppo. Vuole, di fatto, fungere da variabile. Sui migranti, ad esempio, a crearsi è stato un fronte eterogeneo, tra capitali del Nord e Paesi Med, frugali ed economie gravate da un debito elevato. Il gioco di equilibri raggiunto nelle conclusioni è stato congegnato in un lungo incontro tra Italia, Olanda e Germania.

E fonti ben informate raccontano che tra Meloni e Mark Rutte, per esempio, il rapporto sia cominciato con il piede giusto. Un alto funzionario europeo, riportando la maratona negoziale notturna, ha sottolineato come la posizione di Meloni non sia stata condivisa da tutti, ma la premier si è mostrata «vigorosa, efficace, rispettosa e rispettata». Ad attenderla ci sono partite complesse. Quella economica, innanzitutto.

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Gli aiuti di Stato

Il fondo sovrano Ue, al momento, resta un miraggio. E sull’allentamento degli aiuti di Stato l’asse franco-tedesco regge più che mai. Meloni ha rivendicato che, nelle conclusioni, è comunque previsto che siano «limitati e temporanei». E ha rimarcato l’inserimento della «flessibilità sui fondi già esistenti» nel testo del vertice europeo. Si tratta del Next Generation, del RePowerEu e dei fondi di Coesione che potrebbero finire nel capitolo da aggiungere ai Pnrr nazionali.

Da qui al 30 aprile partirà la trattativa su quanto sarà il margine concesso a Roma. Il posticipo della deadline dei progetti del Pnrr – il 2026, da regolamento – appare molto difficile. Ma la premier vuole legare la trattativa per il sì alla semplificazione degli aiuti di Stato anche a quella sulla governance economica. «Il Patto di stabilità e crescita deve essere più concentrato sulla crescita», ha spiegato Meloni, ribadendo: «Ciò che fanno gli altri con le aziende dobbiamo farlo anche noi». Se ne parlerà già all’Ecofin della settimana prossima.

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