Messina Denaro «era un dandy, chiese numero cellulare a paziente»
La clinica anti cancro di Palermo ‘La Maddalena’, col dipartimento Oncologico di terzo livello e convenzionata col servizio sanitario nazionale, fiore all’occhiello della sanità siciliana, si è fermata per oltre un’ora quando 100 carabinieri l’hanno circondata per catturare il paziente eccellente Matteo Messina Denaro, boss mafioso di Castelvetrano e latitante dal 1993 che nelle sale linde e silenziose tutti conoscevano come Andrea Bonafede, nato a Campobello di Mazara e lì residente in via Marsala 54, di professione geometra.
Il nome scritto sulla carta d’identità e sulla tessera sanitaria intestate al vero Bonafede, nipote del vecchio boss di Campobello di Mazara, Leonardo, morto a 88 anni, nascondevano però un uomo in realtà nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962. Un signore, dice chi quella clinica ha frequentato in questi mesi, gentilissimo, elegante, col parlare forbito seppure con un accento trapanese, spesso col foulard al collo come appare in una vecchia foto in possesso degli investigatori. Insomma, un vero e proprio dandy, così com’era stato descritto nella leggenda che ha accompagnato la sua latitanza.
Ieri mattina i medici sono stati fermati all’esterno, le sale operatorie chiuse, gli ascensori fermati. I militari del Ros incappucciati correvano bloccando il traffico. Poi, dopo l’arresto dell’ultimo importante latitante mafioso, la tensione si è sciolta, con le urla «bravi bravi» e gli applausi dei pazienti e dei palermitani per strada che stringevano le mani ai carabinieri.
L’operazione per il cancro
Messina Denaro arriva alla Maddalena nel gennaio 2021. Il 13 novembre 2020 era stato operato per un cancro al colon nell’ospedale «Abele Ajello» di Mazara del Vallo. Il boss, alias Bonafede, ha un medico curante a Campobello di Mazara che sicuramente gli ha fatto una prescrizione di accompagnamento. Nella clinica palermitana i medici gli fanno una risonanza magnetica e scoprono che ha metastasi al fegato. Il «male» non è stato estirpato.
Cominciano quattro cicli di chemio da gennaio ad aprile sul paziente che risulta pesare 68 kg per 177 cm di altezza. Il 4 maggio 2021 viene operato per la resezione di alcune metastasi. Lui si raccomanda prima dell’intervento: «Forza dottore ce la facciamo. Mettetemi a posto che devo tornare in palestra». Poi ringrazia appena si risveglia. E lascia pure della latte di olio extravergine di oliva per i sanitari. Per loro è un paziente come tutti gli altri. Alcuni si fanno pure dei selfie con lui. Cominciano quindi altri cicli di chemioterapia: 12 nel 2021 e 10 nel 2022. E deve continuare anche quest’anno.
La permanenza in clinica e i numeri di telefono
Ma com’era Messina Denaro secondo chi lo ha visto e ha parlato con lui in questi anni per ragioni professionali mediche senza sapere che fosse il ricercato numero uno d’Italia? Un uomo elegante, che in reparto aveva la giacca da camera, metteva soprabiti in pelle con camicie stile hawaiano, parlava del suo amore per le donne. Aveva detto di avere due figlie che però vivevano fuori e di non avere altri parenti. Le restrizioni per il covid non hanno fatto peraltro sorgere sospetti durante il ricovero perché l’uomo non riceveva visite in quanto i familiari non sarebbero potuti entrare. Anche i pazienti che lo hanno conosciuto lo ricordano come una persona affabile.
A una donna che faceva chemio con lui avrebbe pure chiesto il numero di cellulare. «Stavamo nella stessa stanza – ha raccontato – era una persona gentile, molto gentile». E poi aggiunge: «ci sono anche mia amiche che hanno il suo numero di telefono, lui mandava messaggi a tutti. Ha scambiato messaggi con una mia amica fino a questa mattina». Aveva un telefonino Messina Denaro a cui rispondeva se chiamato.
Quindi stupore, anche sgomento, un pizzico di timore i sentimenti che hanno attraversato la mente di decine tra amministrativi, infermieri, medici della Maddalena dopo la scoperta di chi fosse in realtà Andrea Bonafede. «Amo stare solo, mi piace vivere, mi piacciono le cose belle» aveva detto il boss scambiando quattro chiacchiere con i sanitari. «Era un uomo garbato, a modo suo sofisticato – dice un medico – Nessuno poteva sospettare fosse un boss ricercato accusato di stragi e omicidi. Era sempre gentilissimo, calmo, sorridente. Aveva un suo stile».
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