Dall’«area vasta» di “Pinuccio” Tatarella alla destra mediterranea di Giorgia Meloni

di Rino Nania

È una questione di visione di una prospettiva che va costruita passo dopo passo

Il senso delle cose di fronte ad una declinazione vissuta in un mondo che sia inizio di un aggiornamento ovvero la fine della puntata precedente. Questo è il dato che viene fuori con l’ingresso di una nuova destra di governo.

Con la Meloni si supera l’esperienza di Tatarella, perché non si ha bisogno di un’«Area Vasta» bensì di una destra aggiornata che guarda e interpreta il contesto e che vive ed incide con ciò che si è, seppur con equilibrio e senza sbracamenti. È una questione di visione di una prospettiva che va costruita passo dopo passo, questione e soluzione dopo questione e soluzione.

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Senza la messa a fuoco delle questioni non vi sarebbero delle risposte risolutive, quelle che servono a mantenere credibile la politica nel suo esplicitarsi nelle sue versioni attuative e fattive. Ebbene lo scarto tra una visione generalista ed una che guarda ed ascolta il territorio poggia sulla necessità di capire fino in fondo che tipo di postura consegnare alla politica nel risolvere i problemi e secondo quali schemi sia possibile interpretare le difficoltà seguendo una logica di equilibrio.

Le due condizioni per dare una impostazione coerente ad una carta valoriale non sono di facile coniugazione. Beh la postura dovrebbe servire ad inquadrare e distinguere un atteggiamento di fronte alle relazioni interne ed internazionali a schiena dritta ovvero di fornire una logica ispiratrice situazionista. Ebbene partiamo da come la Meloni, in questo periodo di luna di miele col proprio elettorato, abbia interpretato manieristicamente, seppur con determinazione, il ruolo di Premier.

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E’ riuscita a dire di tutto ed a tenere, per quanto possibile, la barra dritta. Nella navigazione a vista ha lasciato una traccia di coerenza rispetto agli impegni dei governi precedenti, come nella guerra in Ucraina, ed ha saputo interloquire su vari temi con l’Europa su immigrati e caro-energia.

Tuttavia non mancano le aporie, che risultano difficili da colmare: l’Europa dei popoli che rimane un traguardo risulta essere ancora preda di mercati piuttosto ballerini in cui gli stati europei subiscono, chi più chi meno, le speculazioni degli imponenti titolari della gestione delle dinamiche di un mercato senza regole e con plurimi soggetti che fanno fughe in avanti a cominciare dalla Germania che riesce, malgrado la guerra, a tentare di tenere buoni rapporti con Putin seppur ostacolati dagli Usa.

Ovvero l’Olanda che sembra essere la longa manus delle società internazionali che impartiscono orientamenti su come far procedere le speculazioni di mercato a prescindere dal necessario sano equilibrio. Di contro la Meloni ottiene il risultato del “price cap”, ma non riesce a garantirsi un percorso uscendo dalle secche delle necessità. E si sa non sempre dalle necessità si riesce a fare virtù.

Ebbene le troppe di discussione sul nulla, a cominciare dal pos, fanno propendere gli analisti per un inizio di critica, che ancora non è feroce, ma che manca poco dal poterlo essere.

Su questi tratti si gioca la postura pragmatica ma capace di avere una visione ideale, se non ideologica, di rispondere alla necessità di possedere una strategia per dove si orienta lo sguardo degli italiani ed in che modo tale sguardo possa fare comprendere quanto possa essere lungo. Beh … ecco che la declinazione se non è lungimirante rischia di non lasciare traccia del passaggio di una politica di destra su questa terra. Perché se non si ravvisano distinzioni rispetto agli altri soggetti politici, il tutto ciò che prova ad esprimere la Meloni può ridursi a fuffa.

Su questo punto si gioca la partita più interessante ovvero se la destra debba essere, con il seguito atteggiamento situazionista, occasionale, senza alcun filo conduttore e soprattutto randagia.

Oppure possa alzare il livello del confronto culturale, sì esercitando prudentemente i poteri riconosciuti dalla Costituzione in termini di diritti sociali ed economia solidale, ma anche dimostrando e manifestando la giusta attenzione ad una Europa che deve raccordarsi, attraverso il Mar Mediterraneo, all’Africa e voglia dare corso ad una visone in cui far convergere occasioni per cogliere ricchezza attraverso una infrastrutturazione necessaria e completa mediante opere come il ponte sullo stretto e risollevare i mercati, non solo del lavoro ma anche delle materie prime, sì da creare le condizioni per ridurre le sacche di povertà attraverso una redistribuzione delle risorse umane, sociali, culturali e materiali.

Ebbene l’esito del ragionamento deve portare ad una Italia europea e mediterranea, affinchè si possa cogliere una direzione di marcia chiara, evidente e tangibile e meno confusa e non ispirata all’indifferenziato «volemose bene», frutto malato dell’arrangiarsi.

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